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Zambia-Malawi. I gesuiti rispondono alla violenza xenofoba

Centinaia di stranieri in fuga dalle violenze incontrollate hanno trovato rifugio nella parrocchia dei gesuiti a Lusaka

La violenza xenofoba è esplosa a Lusaka (Zambia), negli ultimi giorni di aprile, causata da alcune voci incontrollate che accusavano  gli stranieri di essere responsabili di una serie di omicidi rituali in cui i corpi delle vittime riportavano delle mutilazioni. Centinaia di persone sono state arrestate dopo gli attacchi agli stranieri, in cui due persone sono state bruciate vive. Mentre scappavano alla ricerca di un rifugio, alcuni stranieri si sono trovati davanti alla parrocchia gesuita di Sant’Ignazio. Il numero iniziale di persone che cercavano un rifugio era 83,  cifra che è rapidamente salita a 519. La comunità gesuita, sotto la guida del p. Charles Chilinda, insieme alla comunità parrocchiale si è unita per fornire cibo, bevande, un rifugio e un supporto morale e spirituale alle persone sfollate.

Lavorando giorno e notte, i gesuiti e i loro parrocchiani hanno mobilitato risorse e hanno lavorato in collaborazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e il Ministero degli affari interni nel tentativo di trovare una soluzione al problema. Mercoledì 27 aprile il cardinale Peter Turkson, presidente del pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, insieme alla Conferenza dei vescovi dello Zambia, hanno sospeso il meeting che avevano sulla Laudato Si’ per  incontrare e pranzare con alcuni rappresentanti delle vittime della violenza insieme alla comunità gesuita della parrocchia di Sant’Ignazio, .

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