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Un menù settimanale: cosa mangiava un gesuita nell’Ottocento?

Entriamo virtualmente, oggi, nel refettorio gesuitico, attraverso la lettura di un “levitico approvato” ovvero di un vero e proprio menù settimanale dispensato alle case, in questo caso proveniente dal Collegio Romano, un po’ come avviene oggi anche nelle mense scolastiche.

Scopriremo così mangiava in una settimana un gesuita nell’Ottocento, alcuni preparati sono solo…per stomaci forti!

Alcune note permettono di datare la fonte al 1830 circa, il menù era in vigore sicuramente ancora nel 1856 anno in cui vengono apportati alcuni cambiamenti.

Il menù riporta i pasti quotidiani divisi tra pranzo e cena dalla domenica al sabato.

La domenica, giorno di festa, prevede per pranzo del riso, seguito da lesso di manzo o vitella arrosto, non molto diverso dalle odierne domeniche di festa, segue una cena all’apparenza più leggera «pan trito, arrosto e uova», si consideri però che il “pan trito” come viene spiegato negli avvisi è legato con dell’uovo sbattuto, anche due uova a persona se queste fossero di piccole dimensioni.

Il lunedì vede protagonista del pranzo la pasta e per secondo ancora lesso o un piatto robusto, fritto di fegato o cervella, la sera una zuppa, tra le alternative alla zuppa vi sono la frittata o un uovo fritto – sembra che la cottura mediante frittura fosse molto praticata – con erbe.

Il martedì sazia gli stomaci dei gesuiti con zuppa – forse per sfruttare quella in avanzo della sera precedente – seguita da «agro dolce, o bragiuole di majale; alla sera semonella» (odierno semolino) con arrosto e uova – questa volta, stranamente, non fritte.

Il pranzo di mercoledì ricicla in parte la cena precedente, pan trito o semonella con uovo, a seguire polpette involtate o pasticcio, finalmente a cena come alternativa alla zuppa è previsto il pesce, che fa la sua prima comparsa nei pasti settimanali, ma in alternativa è comunque presente un sano «fritto di grasso».

Il giovedì torna il riso a pranzo con vitella arrosto, per cena del pan trito con umido e uova.

Più variegata la scelta del venerdì: zuppa o purè di lenticchie o ceci infranti con pasta, seguiti da lesso di pesce o bacalà, oppure ova frittellate con crema e funghi. Anche la cena rispetta il precetto del venerdì: semonella e pesce o uovo, con la seguente nota «se c’è astinenza si dà pasta, o riso, o polenta condita, e frutta».

Sabato infine il pranzo propone riso e legumi separati e come alternativa al lesso «uova nel tegame», la sera una zuppa e uova di passaggio.

Il menù è seguito da alcune osservazioni relative alle minestre e al lesso, alla zuppa ed ai frutti, vediamo le più curiose.

Quello che apparentemente sembra un pasto sempre uguale a sè stesso, il riso, in realtà viene presentato in modo diverso «alla domenica con seleri, il giovedì con rape o altr’erbe di stagione. La pasta sempre fina, tranne qualche raro caso. La zuppa o di erbe o sbrodellata con uova».

Il lesso ordinario è sempre di manzo.

Vi sono anche preziose indicazioni per il pranzo e la cena. «Quando non si trovano o sono troppo cari i cervelli pel fritto, si fa il solo fegato in umido alla francese, o al fegato fritto si aggiunge qualche pezzetto di frittura di latte o di testicciuola dorata»…

«L’arrosto della sera, finchè se ne trova, si dà sempre di abacchio; quando poi d’è passata la stagione, si dà di manzo o vitella».

Se vi state chiedendo quale fosse la frutta distribuita: «i frutti ordinari sono pere e mele […] quando mancano pere o mele si supplisce coi frutti della stagione, come ciliegie, carcioffi, finocchi etc. e qualche volta ancora con noci e frutti secchi».

Notiamo, infine, che almeno in questo periodo nei giorni di astinenza non si praticava un digiuno totale dal cibo, ma vengono molto ridotte le porzioni, abolita la frutta al pasto e data minor scelta per le pietanze.

Sarebbe interessare conoscere l’apporto calorico dei pasti e poter calcolare oggi quanto questi siano equilibrati…non resta che passare la parola al…nutrizionista!

 

                                                                                                    Maria Macchi