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Siria. Padre Paolo dall’Oglio rischia l’espulsione

Padre Paolo dall’Oglio, gesuita italiano, da 30 anni in Siria, fondatore della comunità monastica di Deir Mar Musa al-Habachi, e da mesi impegnato negli sforzi di riconciliazione interna, rischia di essere espulso dal Paese per decisione delle autorità di Damasco. Lo riferisce lui stesso a Radiovaticana, che lo ha raggiunto telefonicamente in Siria:
R. – Si è trattata di una fuga di notizie della quale io non sono responsabile. La notizia è sostanzialmente esatta: c’è stata una decisione dello Stato siriano, che fa seguito a una messa tra parentesi del mio permesso di residenza già nel marzo scorso e che ora arriva a una conclusione poco felice. Devo dire, con benevolenza, che lo Stato siriano ha chiesto al vescovo di operare in modo che non sia un fatto semplicemente di polizia. Il vescovo per ora non c’è e quando tornerà se ne occuperà. Io propongo al vescovo – e ho proposto allo Stato siriano nella figura della sua massima autorità – di accettare un tempo di meditazione da parte mia, quindi di un maggiore impegno spirituale e minore sul versante culturale e politico, in cambio – per così dire – del poter rimanere in Siria. Ciò perché ho dei doveri religiosi, monastici e di presenza con la gente del posto, che alla fine deve essere la prima e la più importante. Quindi, spero che questa mia domanda di poter restare in Siria sia ascoltata – forse tanti amici si stanno muovendo in questo senso – e spero sia accolta e che io non sia costretto a lasciare il Paese, che considero il luogo del mio apostolato, la mia patria di elezione, il luogo del mio impegno.

D. – Qual è il suo impegno nel Paese dal punto di vista religioso, dal punto di vista politico, e qual è, quindi, il suo sentimento in questo momento?

R. – Io sono qui da 30 anni, ho lavorato al dialogo islamo-cristiano, ho lavorato per creare una comunità monastica consacrata al servizio dell’armonia islamo-cristiana, che poi è una priorità mondiale. Siamo una ventina di persone – fratelli e sorelle – di diversi Paesi: tutti studiano l’arabo, tutti studiano il cristianesimo orientale e anche la religione musulmana e si dedicano all’ospitalità. Durante quest’ultima, dolorosissima crisi, ci siamo impegnati per la libertà d’opinione, per la libertà di coscienza, per la libertà d’espressione e sono tanti anni che cerchiamo di operare, di cooperare per un accesso graduale alla democrazia matura, di far fronte all’emergenza della società civile, a un dialogo che garantisca l’unità nazionale, la protezione delle differenze, la valorizzazione delle specificità, senza una democrazia di un primato di un gruppo sugli altri, ma in una dinamica di creazione, di costruzione continua e dinamica del consenso nazionale. Questo richiede degli strumenti. Io ho scritto un articolo sulla democrazia consensuale, che ha avuto un certo impatto locale e internazionale. Adesso c’è un nostro appello per Natale in diverse lingue sulla riconciliazione, che si può trovare su Internet. Noi crediamo, crederemo fino all’ultimo, e anche dopo l’ultimo, nella riconciliazione, nel dialogo, nel negoziato, per evitare al massimo la sofferenza della gente e costruire un futuro che non sia quello dell’odio e della vendetta.

D. – Qual è la situazione in questo momento nel Paese?

R. – Di dialogo insufficiente. Questo irrigidimento va verso una tragedia. Comunque, chiunque vinca, sarebbe una tragedia. Non vogliamo che vinca nessuno: vogliamo che vinca l’armonia.

Inoltre Padre Dall’Oglio, a Popoli, mensile internazionale dei gesuiti dove dal 2007 tiene una rubrica, ha chiarito anche i dettagli sui motivi dell’espulsione: «Si tratta di un articolo citato esplicitamente nella nota con cui il governo ha comunicato l’espulsione: si tratta di un testo sulla “Democrazia consensuale” come via di uscita alla crisi siriana’. Il testo è stato pubblicato sia sul sito della comunità in cui vive Dall’Oglio, sia sul sito di Popoli, in inglese. Aggiungo che in questa decisione gioca probabilmente anche il mio impegno per la trasparenza nella Chiesa e per combattere l’opacità sociale, un impegno che a qualcuno non deve essere piaciuto». Quanto all’appello rivolto al ministro della Cooperazione internazionale del governo italiano, Andrea Riccardi, padre Dall’Oglio precisa: «Non è solo e tanto un appello per il sottoscritto, ma per la Siria: il nuovo governo ha dimostrato una sensibilità mediterranea tale da far pensare che possa rendersi protagonista di un’iniziativa per aprire un tavolo negoziale». Per quanto riguarda il resto della comunità da lui fondata a Deir Mar Musa, padre Dall’Oglio dice che non corre alcun pericolo: «Il provvedimento è solo contro la mia persona e io ne sono felice. Cosa farei se dovessi proprio andarmene? Un nostro confratello sta per aprire una nuova comunità nel Kurdistan iracheno, credo che starei là con lui per un po’ di tempo».

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