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Educazione. Scuole ignaziane, in rete con il mondo

“Isolated school: requiescat in pace”: è lo slogan efficace con cui padre Mesa, segretario mondiale dell’educazione della Compagnia di Gesù, sintetizza il rischio che potrebbero correre le scuole dei gesuiti in tutto il mondo se si chiudessero nell’autoreferenzialità. “Ogni scuola da sola, anche quella con più mezzi e risorse umane, non è in grado di affrontare le sfide attuali: il modo per rispondere alle domande del nostro tempo è la rete. E le scuole della Compagnia formano già dal 500 la più grande rete di scuole nel mondo”, commenta padre Vitangelo Denora. Il gesuita, delegato per le scuole, è stato uno dei partecipanti italiani all’incontro di Boston, lo scorso anno, quando per la prima volta nella storia della Compagnia di Gesù si sono riuniti tutti i responsabili delle istituzioni educative.
L’incontro è stato un momento per confrontarsi sulle esperienze realizzate e iniziare percorsi di collaborazione. In Italia, al Leone XIII, per esempio, si sta sviluppando “un curriculum transnazionale inglese-italiano per la lingua inglese e italiana con la Virtual Learning Academy dei gesuiti, con sede negli Stati Uniti. Gli studenti partecipano a lezioni e conversazioni “condivise” e aperte, mentre gli insegnanti stanno pensando come meglio integrare scambi linguistici virtuali nel loro programma”, spiega Christina Helms, americana, docente al Leone XIII. “Stiamo anche lavorando allo sviluppo di un programma di visiting scholar che porterà giovani educatori ignaziani provenienti da altri paesi a trascorrere alcuni periodi di tempo nella nostra scuola. Il prossimo anno abbiamo in programma di avviare “Face to Faith”, un progetto pilota che permette agli studenti di fedi diverse da tutto il mondo di confrontarsi e discutere le loro culture e credenze”.
Il confronto ha permesso di conoscere anche esperienze più di “confine” nel campo dell’educazione. Hanno colpito molto la delegazione italiana, per esempio, le scuole di “immersione” in zone agricole e “tribali”, in prevalenza in Asia, Oceania e Africa. Anche le nuove tecnologie aiutano allo scopo: come l’esperienza di Jesuit Commons (http://jesuitcommons.org), che presenta la possibilità di operare educazione a distanza addirittura in campi profughi o la Jesuit Virtual Learning Academy (https://www.jvla.org/web/guest/home), una accademia “virtuale” per l’apprendimento a distanza di diverse materie, a livello di scuole superiori e di università. Una prospettiva su cui ci si sta muovendo anche a livello di rete italiana. Un altro dato interessante, emerso dagli incontri di Boston, è stato scoprire che è cresciuto il numero di “scuole popolari” (per esempio la rete Fe y Alegria) rispetto a quelle “tradizionali” (dove si forma la classe dirigente del paese) e che spesso istituzioni educative tradizionali e popolari coesistono nello stesso edificio, ad esempio educando gli allievi in diversi orari o in diversi giorni della settimana. La prospettiva futura è quella di far “incontrare” gli allievi delle une e delle altre scuole, creando forme di collaborazione, di solidarietà, di coesistenza.
Agli italiani presenti (P. Beneduce, Vignola, Helms, P. Cacchione, P. Mattei, P. Schettini, P. Denora) l’incontro di Boston “ha dato molta energia e fiducia nella missione educativa della Compagnia di Gesù”, dice padre Denora. “Non abbiamo parlato in primis di programmi scolastici, ma abbiamo ragionato insieme sul futuro del nostro compito educativo: preparare i giovani ad abitare questo mondo e a essere protagonisti della loro vita e della società”. In questa ottica già adesso, sottolinea il delegato, sono molte le iniziative che le scuole propongono, come i gemellaggi con le scuole europee nell’ambito del progetto Comenius, diverse simulazioni del Parlamento europeo o dell’ONU, il gemellaggio sportivo estivo tra le scuole europee, i gemellaggi “virtuali”, la partecipazione ai campi missionari della Lega Missionaria Studenti in particolare in Romania, ma anche in Perù, Bosnia, Cuba, Kenya.

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