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Gesuiti News Sociale “Siamo il campanello d’allarme per la Compagnia”: intervista a Paola Piazzi, nuova Presidente del JSN
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“Siamo il campanello d’allarme per la Compagnia”: intervista a Paola Piazzi, nuova Presidente del JSN

Volontaria nel carcere di Bologna, laurea e grande passione per l’architettura, amministratore delegato di una cooperativa sociale di tipo b, Paola Piazzi, bolognese, è la nuova presidente del Jesuit Social Network. Il JSN è una federazione costituitasi nel 2006. Attualmente vi aderiscono 38 realtà con 1.480 soci ordinari e 535 soci sostenitori. 128 sono le sedi operative con 331 dipendenti/collaboratori e 2280 volontari attraverso i quali si raggiungono circa 133.000 persone. Numeri importanti distribuiti omogeneamente su tutto il territorio nazionale.

Conosciamo la nuova presidente. Come sei arrivata al JSN?
“Il JSN l’ho visto nascere, nel senso che nel 2000 p. Fabrizio Valletti, allora a Bologna dove aveva fondato il Centro Poggeschi, mi chiese se potevo andare a Roma a un incontro di realtà legate alla Compagnia di Gesù, impegnate nel sociale. A quel tempo i miei contatti con la Compagnia passavano principalmente attraverso la mia collaborazione con p. Valletti nell’attività scout dove io ho ricoperto incarichi regionali e nazionali soprattutto nell’ambito della formazione educativa. A partire da quel primo contatto nel 2000, proseguirono gli incontri nella volontà condivisa di creare un coordinamento, una qualche forma organizzata che riunisse tutte le realtà variegate che quotidianamente lavoravano nel sociale”.
Qual è la realtà del JSN da cui provieni?
“Dal 1998 sono impegnata in un servizio come volontaria all’interno della Casa Circondariale di Bologna al quale mi sono avvicinata quando smisi il mio impegno diretto in AGESCI. Allora esisteva solo un gruppo informale all’interno del Centro Poggeschi denominato Gruppo carcere il quale solo nel 2006 si è costituito in associazione onlus con il nome “Il Poggeschi per il carcere”. Questa associazione, di cui sono presidente dal 2009, ha aderito al JSN fin da subito. Il Poggeschi per il carcere è costituita in prevalenza da studenti universitari o giovani lavoratori appena affacciatisi al mondo del lavoro che gestiscono in carcere laboratori di vario genere coinvolgendo gruppi di detenuti. Attualmente sono circa 25 i ragazzi coinvolti”.
Di recente a Roma si sono incontrati tutti i responsabili delle Opera della Compagnia. Che ruolo occupa JSN nell’apostolato dei gesuiti?
“La peculiarità della rete JSN è che in essa coesistono realtà molto grosse per numero e sistema organizzativo come S. Marcellino di Genova, Sesta Opera S. Fedele di Milano, Centro Astalli di Roma, S. Ignazio di Trento, Comunità Emmanuel di Lecce, accanto ad altre piccole come la mia associazione, diversissime tra loro per tipo di struttura, gestione e ambito d’intervento.
Nel sociale, forse più che in altri ambiti all’interno della Compagnia, il laici impegnati direttamente anche in ruoli apicali nelle varie opere sono la maggioranza e questo spiega perché si sia arrivati a pensare ad un presidente laico (e pure donna) come scelta condivisa e frutto di un percorso di maturazione proprio nel rapporto gesuiti-laici.
I laici, all’interno delle opere della Compagnia, sono sempre più coinvolti, non come semplici collaboratori, ma corresponsabili di progetti e di attività.
Non tutte le realtà legate alla Compagnia impegnate nel sociale aderiscono al JSN, ma l’obiettivo è quello di creare una realtà che racchiuda tutto il settore apostolico del sociale (in senso molto ampio). In questi anni è stato fatto un grosso lavoro perché tutte le realtà della Compagnia o di ispirazione ignaziana confluissero nella rete. Un progetto che è ancora in corso anche se le realtà che sono rimaste fuori sono davvero poche.
In questo senso la federazione è voce autorevole e credibile all’interno della Compagnia per quanto riguarda le problematiche sociali.
Da anni si sta portando avanti un discorso “culturale” nella Compagnia che porti a riconoscere il JSN non come una realtà esterna, ma proprio come un laboratorio interno alla Compagnia di aggregazione di un settore apostolico”.

In prospettiva quali sono i progetti del JSN?
“Il JSN, pur essendo un ente autonomo rispetto alla Compagnia, è invece strettamente legato ad essa per quanto riguarda un percorso di riflessione, di elaborazione di un pensiero, di spiritualità ignaziana vissuta nel quotidiano.
La Compagnia sta vivendo un momento molto significativo e strategico, ovvero quello della nascita di una nuova Provincia costituita da Italia, Malta ed Albania. Questa unione impone di dar vita ad un nuovo progetto apostolico, capace di individuare percorsi rispondenti alle nuove sfide che le attuali emergenze pongono all’attenzione di tutti noi.
Come JSN ci inseriamo appieno in questo percorso, vogliamo starci dentro per dare un contributo, partendo dal nostro osservatorio che è quello della strada, degli scarti, per dirla con papa Francesco.
Ci interessa essere un campanello d’allarme, una sentinella che richiama l’attenzione sui problemi che riguardano gli ultimi e ci interessa poter offrire un supporto reale a chi è coinvolto di problematiche sociali complesse, partendo dalle competenze che esprimiamo nel nostro insieme”.

Come hai accolto la nomina? Qual è il tuo “programma”? Cosa ti richiede questo incarico?
“Più che sulla nomina ho riflettuto sul perché mi sia stata fatta la proposta. Mi sono domandata appunto in che cosa si inscrivesse questa scelta e se/come io potessi rappresentare una risposta adeguata. Mi sono detta che forse potevo, anche solo in parte, restituire quanto avevo ricevuto (ovvero tantissimo) in tutti questi anni di partecipazione alla vita del JSN sia sul piano personale che del mio impegno nel servizio.
Non credo sia importante avere un programma personale, ha senso costruire un programma con gli altri membri del Comitato di Presidenza mettendo insieme istanze, sensibilità e letture.
Questo incarico mi richiederà certamente tempo interiore, fondamentale per sedimentare le sollecitazioni che arriveranno, posizionare le difficoltà rispetto alle risorse, leggere le emergenze più urgenti; mi richiederà anche un tempo materiale per andare a conoscere le varie realtà sul loro territorio, per incontrare persone e partecipare a momenti formativi ed elaborativi.
Mi richiederà soprattutto di stare dentro la profezia come dimensione per vivere questo incarico con vero senso del servizio”.

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