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Gesuiti News Roma. Nella CP IX l’orizzonte del governo partecipato
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Roma. Nella CP IX l’orizzonte del governo partecipato

La seconda giornata della IX congregazione è stata all’insegna della dimensione apostolica della Provincia. Il mattino, i congregati sono stati invitati a pregare sulle relazioni scritte su GesuitiRiletture 2014 dai delegati e coordinatori del governo. Nei piccoli gruppi hanno poi condiviso le risonanze personali, i passaggi interessanti e quelli meno convincenti, con l’intento di formulare le domande da rivolgere al governo. Il pomeriggio è stato tutto dedicato al confronto. La maggior parte delle domande erano rivolte al Provinciale per conoscere più da vicino la novità dello stile di governo partecipato che è l’orizzonte verso cui la Provincia si sta lentamente muovendo. Nella parte finale dell’assemblea il clima di dialogo è diventato molto intenso e la consolazione ha toccato i cuori di tutti.

Riportiamo qui di seguito uno stralcio delle risposte date dal Provinciale sul governo partecipato.

E’ possibile una riflessione culturale che ispiri l’azione di governo affinché risponda alle esigenze del momento attuale?

Di fatto il governo partecipato nasce dalla domanda che il Generale ha posto sulla riconfigurazione degli assetti di governo delle Province. E’ quindi frutto di una riflessione iniziata già dal mio predecessore su quali possano essere le forme più adeguate oggi per governare un’istituzione.

Oggi per poter governare è necessario interpellare la libertà del singolo come elemento preponderante. Anche in Compagnia. E’ necessario predisporre un dispositivo che permetta di entrare in dialogo con questa instanza.

Cos’è il governo partecipato? In che relazione sta con la tradizione consultiva?

Il governo partecipato è un governo che cerca di privilegiare le persone anziché le strutture. Nella nostra tradizione, questo si sposa bene con la tensione tra misisone apostolica e cura personalis.

Al centro del governo partecipato stanno le relazioni che si instaurano. In questo modo si cerca di curare in maniera particolare l’aspetto motivazionale delle persone. Per questo all’inizio dicevo che considero uno dei compiti principali l’animazione della Provincia.

Per questo stiamo cercando di privilegiare al massimo la condivisione come forma di relazione tra noi. Mi sembra sia tipicamente ignaziano.

Il governo partecipato non è un governo democratico. Le decisioni continuano a essere prese dalle persone a cui è stato chiesto. Il provinciale rimane il provinciale. Cambia il modo in cui il Provicniale chiede la consultazione. Non solo a partire da cosa gli altri  pensano, ma innanzitutto da cosa sentono. Questa dinamica è profondamente ignaziana. Sappiamo bene che a volte il nostro pensiero non coincide con il nostro sentire. E che facciamo le cose a partire da come si muovono gli affetti. E’ il grande guadagno che abbiamo recepito dal Concilio Vaticano II in poi  e che stiamo mettendo a frutto. Un sentire purificato dal nostro modo di pregare ci aiuta a prendere decisioni che sono per il bene di tutti. Questa è la scommessa. Da qui è nato il ripensamento dei nostri modi di fare riunione. Non abbiamo ancora capito tutto, stiamo ancora sperimentando, ma sentiamo che la direzione verso cui muoverci è questa.

Quali costi dei questa modalità?

E’ una modalità costosa quella del governo partecipato. Mette in gioco tante risorse, le persone innazitutto e il tempo. Tutto diventa più lungo e talvolta faticoso. Confrontarsi e avere la pazienza di ascoltarsi talvolta è logorante. Però è una forma di testimonianza: proporre oggi questo modello di governo in una società individualista è una bella sfida. E lo è anche per noi. Aiuta a convertirci. Come abbiamo visto anche ieri il confronto con il confratello è un po’ il banco di prova della nostra fede. Ed è ineludibile… oggi la nuova evangelizzazione coincide innanzitutto con la conversione del soggetto evangelizzatore. Lui per primo deve credere all’annuncio. Per questo diventa importante vivere il vangelo tra di noi. Come si diceva ieri, anche i confratelli con cui viviamo sono degni di ricevere la nostra cura evangelica. Quindi ne vale la pena. Lo avvertiamo come il magis per noi.

Il governo partecipato non è a scapito della mistica dell’obbedienza?

Direi che  a partire da quanto ho già detto, il governo partecipato favorisce la mistica dell’obbedienza perché chiede un consenso che va a toccare la dimensione del sentire e non solo l’assenso intellettuale. E’ più impegnativa, sia da parte del governo, perché è lui che deve continuamente interrogarsi come interagire con le persone, sia per chi partecipa perché è chiamato a giocarsi in prima persona. E’ quello che abbiamo cercato di fare in questa assemblea: il de statu non è solo un racconto passivo da ascoltare, ma una narrazione da costruire insieme, dove abbiamo messo in comune il nostro sentire personale. Ci siamo giocati.

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