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Roma. Il Magis per il Centrafrica

Il Magis ha lanciato un progetto per la prevenzione dell’Hiv Aids in ambito universitario. Quando nel 2015, papa Francesco ha voluto aprire il Giubileo in Centrafrica, le immagini dell’apertura della porta della cattedrale di Bangui hanno fatto il giro del mondo. Quello papale è stato un gesto molto forte. È sceso tra gli ultimi, in un Paese devastato dalla guerra civile, per annunciare un anno dedicato alla misericordia. Ma spenti i riflettori dell’Anno Santo, chiuse le Porte sante, calato il silenzio mediatico, del Centrafrica chi si occupa?

Il Magis ha deciso di non abbandonare il Centrafrica. La Ong dei gesuiti italiani da anni è presente sul posto ben prima dello scoppio della guerra civile collaborando con padre Dorino Livraghi, gesuita italiano che ha lavorato per molto tempo a Bangui prima di trasferirsi in Guinea. Con padre Dorino, il Magis ha lanciato un progetto per la prevenzione dell’Hiv Aids in ambito universitario. L’iniziativa sta andando avanti ed è coordinata da Dominique, un gesuita che fa un lavoro capillare. Il progetto infatti non si occupa solo di prevenzione ma forma volontari che poi vanno nelle scuole, organizzano incontri e trasmettono messaggi di consapevolezza e di che cosa significhi essere giovane oggi in Centrafrica. Si tratta quindi, in senso più ampio, di un progetto di cittadinanza attiva.

Padre Dorino ha anche dato vita insieme alla Cvx, le comunità di vita cristiana, al Magis e all’associazione Itakwe (Fratello di tutti – in onore di Flavio Quell’Oller), un progetto per seguire una serie di famiglie bisognose. «Ma, anche prima dell’avvio di questa iniziativa – osserva padre Renato Colizzi, dell’Ufficio progetti Magis, che recentemente si è recato in Centrafrica per un breve periodo – avevano lanciato, insieme alla Caritas, una serie di microattività generatrici di reddito grazie al microcredito (con ritorni dell’80%). Il feedback è positivo. Ho incontrato Patrick, il responsabile, incoraggiandolo ad andare avanti e di rivolgersi al Magis per un sostegno sui singoli progetti».

Una terza realtà legata al Magis è il Réseau des Volontaires de la Paix portato avanti da padre Sane Medard. Anche in questo caso si tratta di un progetto di cittadinanza attiva. L’organizzazione coinvolge centinaia di giovani e offre loro una formazione sulle tematiche legate alla risoluzione pacifica dei conflitti. La Chiesa locale la apprezza. E questo è merito di padre Sane che ha grandi competenze sui temi della risoluzione dei conflitti e della riconciliazione, ma è anche in grado di parlare e rapportarsi con i giovani. Lui tiene sessioni di studio di due o tre giorni con incontri e lavori di gruppo sui temi della pace. Ognuna di queste sessioni forma circa 300 giovani. «Parlando con Sane e con i suoi collaboratori – continua Colizzi – è emersa la volontà di estendere questa iniziativa a tutto il Centrafrica. È qualcosa di encomiabile perché il gruppo di Sane non guadagna alcunché e, spesso, rischia fisicamente negli spostamenti da una parte all’altra di Bangui e del Paese. Ma questi giovani ci credono e credono che lavorare per la coesione sociale sia l’unico modo per combattere questo clima di resa dei conti che si sta diffondendo nel Centrafrica».

Il Magis collabora anche con il Jesuit Refugee Service, il servizio della Compagnia di Gesù che si occupa dei rifugiati. Il Jrs ha due comunità: una a Bangui, l’altra a Bambari. L’organizzazione si occupa di offrire opportunità educative ai giovani rifugiati. Il loro modo di lavorare è al tempo stesso semplice e complicato. I responsabili visitano i campi e cercano di comprendere quali siano le necessità dei rifugiati. Sulla base di queste visite, vengono poi redatti progetti ad hoc in campo formativo che poi vengono seguiti per due o tre anni. «Personalmente – conclude padre Colizzi – ho vistato i campi profughi e ho conosciuto famiglie di rifugiati. È stata una visita molto toccante dal punto di vista umano, che mi ha permesso di conoscere i bisogni dei rifugiati. Con il Jrs abbiamo disegnato una strategia di intervento di tre anni che consiste sia nella creazione di scuole nei campi profughi sia in diverse attività di educazione informale». La luce quindi non si spegne sul Centrafrica.

Questi progetti fanno parte della campagna di Natale del Magis. Vuoi sostenerli? Clicca qui

 

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