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Roma. I novizi in pellegrinaggio nella città eterna

“Mi fido di te”: questo il nome del pellegrinaggio nell’anno della fede pensato per novizi e seminaristi da tutto il mondo alla tomba dell’apostolo Pietro a Roma. Quattro giorni di preghiera, eventi, catechesi in diversi punti della città che ha mobilitato quasi 6 mila giovani che si stanno preparando per consacrare la loro vita a Dio.
Riportiamo qui sotto un resoconto del pellegrinaggio fatto dai novizi della Compagnia di Gesù.

Abbiamo avuto la possibilità di gustare l’appartenenza alla chiesa mondiale rispetto ad una chiamata specifica quale quella della compagnia nella sue sfumature per noi ancora inesplorate e forse solo immaginate. Rimane vivo il ricordo di piazza san Pietro attraversata da tutti noi, novizi e seminaristi, che entriamo in basilica per professare la nostra fede sulla tomba di Pietro. Talari, sai di diversi colori e tessuti… un impatto di certo strano ma anche divertente. Ma questa rimane solo la differenza più visibile di quella che invece è la grande grazia di camminare come un solo popolo, nella comunione delle differenze. Una meta raggiungibile per diversi sentieri, lingue diverse unificate dalla stessa preghiera. Farsi compagni per i sentieri dei giardini vaticani (recitando il rosario in latino!) ci ha concesso il dono “inaspettato” di vedere quei luoghi fatti di pietra, di potere e di storia come un luogo di stupore e preghiera, di sentirsi il vero cuore pulsante di una chiesa viva, pietre vive di un edificio ben più grande di quelle mura.
La prima tappa del nostro “peregrinare” attraverso la Compagnia è stata la Storta, dove abbiamo celebrato la messa il sabato mattina. Luogo di conferma per Ignazio e crocevia della sua vita e di quella della Compagnia di Gesù, luogo di ascolto della volontà del Padre, punto d’arrivo e di ripartenza. Il secondo passo del nostro cammino ci ha introdotti nell’attività prestigiosa della Civiltà Cattolica, dove siamo stati accolti dai Padri del collegio che ci hanno presentato le peculiarità e la storia della rivista sottolineandone la missione specifica svolta da essa nella Chiesa. Interessante è stato scoprire come la comunità del collegio diventi strumento di una missione che non sia soltanto un’unione di intenti ma di cuori, e la capacità dei padri di accoglierci con semplicità e spontaneità nonostante qualche nostro timore reverenziale nel varcare la soglia di Villa Malta!
Dopo aver ricevuto nelle camerette di Sant’Ignazio le destinazioni dei pellegrinaggi in povertà che ci attendono a fine estate, il nostro terzo e ultimo passo nella vita della Compagnia “Universale” ci ha portato a condividere con l’intera comunità della Curia Generalizia il pranzo della domenica. Ancora accaldati dal sole dell’Angelus in piazza San Pietro, ci siamo trovati a pranzare con ovvio stupore a fianco del padre Generale, che con la sua semplicità ci ha accolti in un clima di fraternità. Dopo esserci fermati con lui e gli altri padri nella sala ricreazione, abbiamo concluso con la visita degli edifici della Curia.
P. Carlo Chiappini ha curato questi giorni di permanenza a Roma in maniera originale legando il nostro essere pellegrini della Chiesa universale a un’occasione di incontro con le realtà della Compagnia presenti a Roma.
Accompagnati da Ignazio e da tanti padri al cuore della missione della Compagnia, nell’esercizio quotidiano di incarnare nella propria vita il servizio ai fratelli e alla Chiesa, muovendoci e peregrinando tra le diverse frontiere della realtà, abbiamo avuto la fortuna di camminare in questi giorni con un compagno privilegiato, maestro e padre: Papa Francesco. Con la sua carica umana, ha dato corpo e sostanza all’invito che ci ha rivolto:
E avanti, con gioia, con coerenza, sempre con quel coraggio di dire la verità, quel coraggio di uscire da se stessi per incontrare Gesù nella preghiera e di uscire da se stessi per incontrare gli altri e dare loro il Vangelo. Con la fecondità pastorale! Per favore non siate “zitelle” e “zitelli”.
Con la sua forza vitale fatta di tenerezza e ironica semplicità è riuscito a farsi prossimo pur nella distanza del protocollo e dei grandi numeri. Forse è questo il dono: averlo conosciuto come un vero Amico nel Signore e compagno del nostro peregrinare.

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