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Roma. Economi a confronto: i criteri e le scelte

Per il terzo anno consecutivo si è tenuto l’incontro degli economi e degli amministratori delle comunità. Un appuntamento annuale, organizzato dalla Commissione economica della Provincia, in tre sedi: Milano, Roma e Palermo.

Tre gli obiettivi dell’incontro: offrire, a chi quotidianamente è incaricato e impegnato nell’amministrazione, un’occasione per conoscere e incontrare chi, nell’ambito della Provincia, lavora nello stesso settore; proporre riflessioni e aggiornamenti su questioni specifiche dell’amministrazione dei beni; offrire uno sguardo d’insieme sulle scelte di fondo, i principali ambiti di lavoro e alcuni progetti specifici dell’Economato di Provincia. Agli incontri – 18 marzo a Milano (istituto Leone XIII); 8 aprile a Roma (via Astalli – Sala Assunta); 22 aprile a Palermo (istituto Gonzaga) – hanno partecipato circa cento persone. Oltre al’economo, Berardino Guarino, e al socio, p. Francesco Pecori, ha preso parte agli incontri anche il p. provinciale, Gianfranco Matarazzo. Con Guarino proviamo a fare un bilancio dei tre appuntamenti.

Gli economi si occupano dei beni della Provincia. Di cosa parliamo, in concreto?

“I beni della Provincia d’Italia,  come per tutte le Province nel mondo, sono suddivisi in 4 fondi: Fondo per la Formazione (Arca del Seminario) per i gesuiti in formazione e coloro che sono addetti alla formazione dei nostri, che sostiene costi annuali pari al 40 % delle spese ordinarie della Provincia, che ammontano a circa 6 milioni di euro; Fondo per la Previdenza (Arca della Previdenza) per i gesuiti non più autosufficienti o bisognosi di cure (31% delle spese annuali); Fondo per le Opere Apostoliche (Arca delle Opere Apostoliche) per alcuni progetti apostolici di particolare interesse o di rilevanza nazionale (nel nostro caso sono soprattutto le attività di pastorale giovanile, vocazionale, di coordinamento di settori come quello sociale, oltre ad opere che si ritengono significative ma che non sono in grado di produrre tutte le risorse di cui necessitano), che nel 2015 ha sostenuto costi per il 19% del totale; Fondo per le Dotazioni (arca delle Fondazioni) per dare avvio a opere o comunità o per intervenire a sostegno delle comunità quando ne hanno bisogno per motivi particolari e su decisione dei Superiori (9% delle spese annuali).

A tali fondi è assegnato un patrimonio, che proviene dalle antiche cinque Province che esistevano in Italia prima della nascita dell’unica Provincia d’Italia, che produce un reddito utilizzato appunto per le spese ordinarie delle Arche”.

Come avviene la gestione dei fondi?

“Si tratta di un patrimonio prevalentemente immobiliare sparso su tutto il territorio nazionale, che comporta un notevole lavoro di gestione. Sono immobili messi a reddito, ovvero dati in locazione. Il maggior numero dei nostri inquilini sono famiglie e solo in piccola parte gestori di attività commerciali o professionisti che utilizzano uffici. È una gestione non poco costosa, sia per gli inevitabili lavori di manutenzione straordinaria che richiedono ingenti risorse, sia per il peso fiscale che negli ultimi anni è molto aumentato.

In Italia l’investimento immobiliare, da sempre considerato sicuro e remunerativo, ha perso questa caratteristica. Il mercato, soprattutto in alcune città, si è riempito di immobili da vendere per i quali si fa fatica a trovare acquirenti.

Anche per questo la Provincia ha avviato da alcuni anni una politica di riduzione degli investimenti immobiliari a vantaggio del patrimonio mobiliare, costituito cioè da investimenti finanziari, la cui gestione è certamente meno faticosa, ma non priva di preoccupazioni, come l’andamento degli ultimi mesi della Borsa o la scarsa redditività di titoli di stato e obbligazioni dimostra.

La Provincia gestisce anche il patrimonio finanziario di nostre opere o attività che decidono di affidare tale attività al nostro economato, nell’ambito di un ulteriore Fondo denominato “Beni di Terzi”. Si tratta di una scelta che, soprattutto nel caso di risorse importanti, raccomandiamo perché può utilizzare l’apporto di consulenti attenti alle esigenze di un patrimonio che abbiamo ricevuto in eredità e che va innanzitutto messo in sicurezza, senza cercare rendite utopistiche o avventure finanziarie che possono rivelarsi molto pericolose per la sussistenza o il futuro delle singole realtà”.

Quali sono le sfide da cogliere in questo ambito?

“Una prima importante pista su cui riflettere è su come il Patrimonio viene utilizzato, dove destiniamo le nostre risorse e come questo è collegato con le priorità che ci diamo per la vita apostolica della Provincia. La maggior parte delle risorse si concentra nell’Arca del Seminario e della Previdenza, sia in termini di patrimonio assegnato negli anni, sia in termini di spese annuali. Restano meno dotati, e dunque con minori possibilità economiche, il Fondo per le Opere Apostoliche e il Fondo per le Dotazioni. Eppure le priorità del Progetto apostolico del 1999, così come attualizzate nei decenni successivi, richiederebbero probabilmente un maggiore sostegno proprio da questi Fondi.

Mondo della cultura, dei giovani e soprattutto dei poveri, di chi vive situazioni di povertà e marginalità umana e sociale: quanto, con i nostri beni, abbiamo potuto fare per loro? È una riflessione non semplice, perché non sempre a quello che facciamo con la nostra azione pastorale può essere assegnato un valore economico. Ma è una domanda che non può essere evitata.

Appare evidente che in questi settori non disponiamo di molte risorse, per cui facciamo fatica ad aggiungere nuove opere o progetti da sostenere. Corriamo perciò il rischio di non poter accompagnare realtà che, pure facendo cose egregie, fanno molta fatica perché, a differenza di altre, non hanno ricevuto una dotazione.

In questi anni non sono mancate donazioni, lasciti, gesti di generosità che hanno rappresentato entrate straordinarie che hanno aumentato, in maniera episodica, le nostre possibilità. La domanda sui criteri che dovremo seguire in futuro resta però aperta.

I diversi appuntamenti ecclesiali di questo periodo ed in particolare il Giubileo della Misericordia ci stanno aiutando ad approfondire la Chiesa “ospedale da campo” a cui ci invita papa Francesco. Una Chiesa capace di essere accanto a chi oggi è spesso considerato come “materiale di scarto”, una Chiesa dal volto giovane, capace di ripensarsi con un maggior protagonismo delle donne e dei laici.

Vivere questa stagione e riuscire a tradurre nei prossimi mesi, nel nuovo Progetto Apostolico, questi nuovi stimoli in priorità ed impegni, anche economici, molto concreti è una sfida che può apparirci molto complessa, ma a cui, credo, non abbiamo alcuna voglia di sottrarci”.

 

Un’altra sfida che oggi più che in passato probabilmente è la trasformazione degli immobili che ospitano le case e opere….

“L’esigenza nasce dal fatto che gli immobili che stiamo utilizzando come abitazione e luoghi in cui svolgiamo le nostre attività apostoliche sono stati costruiti in epoche non recenti e pensati, in genere, per ospitare grandi numeri di persone. Oggi la concezione della volumetria è cambiata anche a causa degli elevati costi di manutenzione, riscaldamento e pulizia. Gli spazi che occupiamo, il più delle volte, eccedono il nostro fabbisogno. Occorre prendere atto che dobbiamo adeguare i nostri immobili alle esigenze dei nostri tempi e pianificare progetti di ristrutturazione che guardino al complesso delle strutture e non a porzioni limitate di essi o a settori (solo gli impianti o solo gli infissi o alcuni ambienti). Tali interventi saranno possibili solo se riusciremo a definire una visione strategica, capace di rispondere alla domanda: cosa vogliamo fare in futuro con quell’immobile, con quella realtà. Si tratta di preparare e operare scelte di “utilità economica”, sgombrando il campo da un potenziale equivoco che la parola “economica” oggi spesso suscita. Non si parla di denaro ma di utilità in senso generale. Un edificio dato in utilizzo gratuito per dare ricovero ai senzatetto ha un’assoluta utilità economica. Svolge una funzione, ha un senso nell’utilizzo. Non bisogna pensare che non abbia utilità perché non produce denaro. Dare un tetto a chi non l’ha è assolutamente utile e quindi esiste una ottima logica per il suo utilizzo.

L’economato è chiamato ad aiutare i superiori delle comunità e le opere innanzitutto a prendere coscienza di questa realtà, a incoraggiarli e sostenerli nel prendere decisioni. Spesso sappiamo bene cosa fare, ma ce ne manca un po’ il coraggio. Sperimentare l’essere Corpo, mettere sempre più in comune progetti e competenze, non potrà che farci del bene”.

Sul versante personale delle motivazioni?

“Il lavoro amministrativo e gestionale che ci viene affidato è a servizio del progetto apostolico della Provincia, di una comunità locale o di un’opera. Se non ci sentiamo parte di questo progetto, di questa missione il nostro servizio corre il rischio di essere snaturato. Questa condizione richiede un costante approfondimento, una comprensione sempre maggiore dei nostri valori di fondo e delle nostre motivazioni.

Ciò però deve coniugarsi con la professionalità e le capacità tecniche. Cosa significa per un amministratore della Compagnia essere corresponsabile della missione di un’opera, di una comunità e come questo si concilia con la dimensione della professionalità è una sfida molto particolare con cui ognuno di noi fa i conti quotidianamente”.

E la sfida della trasparenza?

“Si declina in un’attenzione molto forte per la leggibilità delle nostre procedure e un rispetto totale della legalità in tutti gli aspetti della gestione patrimoniale e amministrativa. In quest’ottica va continuata l’attenzione alla redazione di bilanci consuntivi sempre più dettagliati e articolati, così come va certamente aumentata la nostra capacità di dotarci, nelle opere più importanti, ma anche nelle comunità, di bilanci preventivi.  Tali bilanci preventivi sono uno strumento di pianificazione tra i più importanti perché permettono di operare scelte più consapevoli, confrontare via via la realtà con i risultati previsti, mettere in campo per tempo azioni correttive. Quando vengono redatti con la partecipazione di più persone sono anche uno strumento di formazione alla dimensione economica, evitando il rischio della delega all’amministratore o all’economo e aiutando una maggiore consapevolezza di tutti”.

Avete degli investimenti etici?

“Abbiamo iniziato da poco un cammino su questo versante, insieme anche ad altre Provincie europee. Siamo ai primi passi, ma qualcosa abbiamo cominciato a capire. Prima di tutto occorre considerare strumenti di investimento che valutino il rispetto di alcuni fondamentali principi di comportamento da parte delle aziende: rispetto per la natura, rispetto per gli operatori più deboli dell’attività economica, promozione di una maggiore equità nei rapporti economici con clienti e fornitori; la scelta dell’investimento socialmente responsabile corrisponde in molti casi alla realizzazione concreta di numerosi valori sostenuti da decenni dalla dottrina sociale della Chiesa e espressi recentemente nella Enciclica “Laudato si’ ”. Del resto già da tempo la CEI su questo punto ha avviato un tavolo di lavoro che vede la partecipazione di Diocesi e Congregazioni religiose; infine la storia recente dimostra che la diffusione delle scelte di investimento socialmente responsabile ha un effetto positivo per aumentare tra le aziende il rispetto di quei principi di responsabilità sociale che si desidera promuovere anche con l’attività di investimento.

È una strada su cui vogliamo incamminarci, per rendere il nostro patrimonio finanziario sempre più capace di investimenti etici. Siamo solo all’inizio, ma continuamente informeremo sulle scelte di selezione e i passi compiuti”.

Cosa pensa della dichiarazione di Francesco a Cuba: “Siate poveri. Gli economi disastrosi sono una benedizione, perché, con i loro danni, liberano le nostre Congregazioni dallo spirito di mondanità”?

“Credo che Francesco non ce ne farà una colpa se continueremo a fare il nostro lavoro al meglio, cercando di mettere a disposizione delle scelte apostoliche quante più risorse è possibile. Ma la strada che ci indica è chiara: mantenersi fedele allo spirito e ai principi della Povertà evangelica, rendere l’amministrazione delle nostre opere animata da uno spirito di vicinanza con chi è in difficoltà, con chi è bisognoso, sia dentro che fuori la Compagnia. Una missione ben più complessa che chiudere un bilancio in pareggio o spuntare un buon tasso di interesse”.

 

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