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Napoli.  Antigone a Scampia, la voce delle donne

La letteratura sul quartiere Scampia si arricchisce di un prezioso ed originale  volumetto di Serena Gaudino, Antigone a Scampia, (ed. Effigie). In copertina si spiega che si tratta del mito greco raccontato alle donne della periferia nord di Napoli, riprendendo una proposta di Simone Weil, che  ha dato luogo a una sorprendente  autobiografia collettiva di donne di questo difficile quartiere.  Il lavoro di quest’ insegnante  e scrittrice napoletana si avvale di una scrittura nitida, controllata ed empatica  con i racconti delle donne del mito e della realtà napoletana. L’iniziativa di cui si parla nel libro è stata realizzata nel Centro di formazione per il lavoro e la cultura “Alberto Hurtado”, nell’ambito delle attività della biblioteca “Le nuvole”. La scaturigine del progetto fa riferimento ai tentativi di  risposta  con  iniziative educative, formative e culturali   da parte di  associazioni ai problemi del quartiere in seguito allo scoppio della terribile faida nel 2005 tra il clan Di Lauro  e  quello degli scissionisti.   In un primo momento da tutto questo fermento furono escluse le donne che vivevano specialmente all’interno delle Vele, dei Lotti e dei campi Rom. Nonostante fosse chiara la condizione di marginalità e sottomissione che vivevano sia nella famiglia che nella società, poche organizzazioni – a dire della Nostra –  si occupavano di  loro.

L’autrice decise  di sperimentare, in questo contesto, l’idea di Simone Weil di usare la grande letteratura greca per spingere le persone a prendere coscienza delle condizioni in cui vivono e a migliorarle. <Antigone. Lei in una fonderia, io nella biblioteca del Centro Hurtado al cospetto di una cinquantina di donne che per un anno intero, una volta al mese, sono venute prima ad ascoltare e poi a raccontare personalmente le loro storie. Scoprendo, piano piano, quanto fossero simili a quella dell’eroina sofoclea; morta per non aver ceduto alla legge della città; morta per aver creduto fino in fondo nella legge degli déi, del cuore e dell’amore>>.

     In una prima parte come in una antico anfiteatro   teatrale si odono le voci che in sette scene  scandiscono la narrazione del dramma  di Antigone secondo il mito greco a cui corrispondono quelle attuali  e vive di  sette donne con le loro drammatiche storie raccolte negli incontri di lettura. In questo modo è restituita pubblicamente la storia e la forza di donne nei duelli tra  vita e morte per gli scontri tra  clan camorristici nei traffici della droga, di violenza  ed oppressione sociale nelle precarie  condizioni di vita  nelle Vele o nei c.d Sette Palazzi. Eroine o vittime,  portatrici delle leggi della vita e dell’amore? Anche l’Autrice si interroga se le donne sono contemporaneamente vittime e carnefici?  <>

    Giustamente la Gaudino osserva che è  impossibile individuare un solo modello, perché a  Scampia le donne vivono sospese tra vari ruoli: sono madri che scendono in piazza e mogli che piangono i mariti; madri che difendono i figli ma che a volte, purtroppo, sono costrette anche a seppellirli; possono essere donne di camorra e contemporaneamente madri alla ricerca di una voce che traduca in richieste d’aiuto i loro gesti. Come nel  disegno della  gabbia di ferro con una apertura tra le sbarre  che campeggia sulla copertina, anche le donne di Scampia  in drammatiche situazioni possono trovare un uscita di sicurezza elevando la loro voce per ottenere verità e giustizia per i loro cari, sentirsi libere in un quartiere controllato dal sistema. Non si tratta solo di un’ emersione liberante di coscienza.  ma di uscita da enclave non solo abitative,  da mondi culturali in cui predominano carne,  sangue, famiglia assorbente come destino. Dall’isolamento di questo tipo  di relazioni, per una più ampia relazionalità sociale che faccia ritrovare identità personale e sociale corroborata e sostenuta da interventi istituzionali e del tessuto associativo.

Il volume è corredato da un originale Alfabeto Scampia, che in ventidue parole  da anima a territorio disegna con finezza antropologica la storia recente e le condizioni di vita di questo quartiere che non è estraneo agli influssi mediatici e consumistici.

     Nell’epilogo una fine nota che guarda avanti: <>.

     We have a dream. Tutti naturalmente

 Domenico Pizzuti SJ

 

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