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Missione. Padre Gay, nuovo presidente Magis: “Meno mattoni, più formazione”

Dopo una serie di cambiamenti interni il Magis ha un nuovo Presidente. Padre Nicola Gay, viceprovinciale per il nord, assume infatti l’incarico di continuare a traghettare il movimento missionario verso una nuova fisionomia. “In questi anni ci siamo resi conti che una serie di situazioni che ci toccano da vicino stanno cambiando e quindi si rende necessario cambiare anche il Magis”, dice padre Gay. Ed esemplifica: “I missionari italiani e europei sono in grossa diminuzione, in Africa e anche altrove. Le Chiese africane sono enormemente più forti rispetto a 30 – 40 anni fa, anche per merito dei tanti missionari che ci sono stati. Sembra dunque arrivato il momento di fare maggiormente attenzione alle esigenze che nascono da gruppi, religiosi e anche gesuiti che sono in loco. Prima erano i missionari che dovevano leggere le esigenze e cercare di provvedervi. Adesso sono le stesse realtà locali che dicono quali esigenze sentono essenziali per far crescere le loro Chiese. Un altro aspetto importante è quello della sostenibilità finanziaria in loco. Progetti che hanno bisogno sempre di un appoggio esterno sembrano non funzionare più. Inoltre si sente maggiormente l’esigenza di avere ‘più formazione e meno mattoni’, per dirla con uno slogan. Tutto questo ha portato anche a un ripensamento delle Ong europee, alcune delle quali sono diventate molto grandi e stanno riflettendo su come riposizionarsi. A livello interno poi va ancora detto che il Magis è stato pensato come una fondazione di partecipazione. Ma la relazione con gli enti aderenti non è mai riuscita ad approfondirsi più di tanto e sembra il momento di provare ad immaginarlo e a farlo. Il servizio di detrazione fiscale che la fondazione fa a tali enti è importante ma non può essere l’unico tipo di legame. Bisogna rifletterci. Una campagna significativa in questo senso è stata quella della raccolta dei cellulari, che in qualche modo ha fatto conoscere il Magis anche al di fuori dei propri aderenti. E’ infine arrivato il momento di maggiore unitarietà. Ci sono caratteristiche diverse, al Nord, al Centro e al Sud, ma una maggiore collaborazione è indispensabile, anche per affrontare bene le situazioni esterne al Magis che, come detto, sono molto diverse rispetto a 40 ma anche a 10 anni fa”.

Qual è oggi l’identikit del Magis?
“Il Magis ha sedi storiche quali Gallarate, Roma e Palermo, che svolgono ancora anche qualche servizio tipico delle procure delle missioni: di fatto erano luoghi dove c’erano volontari e si facevano attività. Si sono evolute, hanno preso forma di ong, ma c’è bisogno di maggiore conoscenza, stima e collaborazione reciproca, per essere più efficaci nei finanziamenti e sui progetti”.

Quale collaborazione c’è con le altre realtà che nella Provincia si occupano di missione?
“Su alcune linee di collaborazione si sta riflettendo da tempo. Si era per esempio proposto una collaborazione tra le riviste, quella del Magis con Popoli e con quella della Lega Missionaria, ma non si è ancora trovato il modo di mettere insieme esigenze diverse: quella per aggregare le persone raccontando quanto si fa, con l’esigenza di offrire una riflessione aggiornata e seria sui temi della missione quale offerta proprio da Popoli. Dobbiamo comunque trovare il modo di una maggiore sinergia. Ancora il Magis già collabora con il JSN, con i nostri che sono in Albania, ma si sente da tutti l’esigenza di rendere più strutturate e più fluida tali collaborazioni anche per evitare situazioni in cui proprio le difficoltà di collaborazione hanno reso meno efficace l’azione di ciascuno”.

Come padre Gay arriva al Magis?
“In modo inatteso. E’ stata una cosa maturata all’interno della consulta di Provincia. Ad un certo punto il Provinciale mi ha chiesto la disponibilità a una maggiore assunzione responsabilità proprio nel Magis. Lo faccio con interesse, incuriosito. Capisco che è un ambito importante, di cui non mi sono mai occupato direttamente ma che ha a che fare con tematiche di cui in fondo mi sono occupato a san Marcellino, nel Filosofato e a Selva. Insomma avere attenzione alle Chiese che hanno bisogno di aiuto per rendersi ancora più autonome, promuovere la formazione, mi sembra in qualche modo in linea con quanto fatto a Genova, a Padova e a Milano, anche se certamente in modo molto diverso. Inoltre mi inserisco in un contesto in cui un ripensamento è già in corso e orientato. Infatti, dopo il grosso lavoro di potenziamento del Magis e la sua trasformazione in ong e poi da associazione a Fondazione portato avanti dal Presidente Petrini con i pp. Libralato e Di Gennaro, negli ultimi anni sono stati avviati ulteriori aggiornamenti con il contributo di alcuni nostri missionari cui il Provinciale ha chiesto di aiutarci ad aiutare meglio i missionari stessi, padre Martellozzo per alcuni periodi e padre Galli che è stato presidente negli ultimi 18 mesi circa. Inoltre il rinnovamento del Consiglio e l’arrivo di alcuni giovani padri quali Colizzi, Magni, oltre a Pireddu destinati a tempo pieno o parziale ha reso più concreto tale evoluzione. Mi inserisco così in questo rinnovamento, che esprime l’impegno e l’interesse che continua della Compagnia in Italia per la missione”.

Qual la cifra ignaziana del Magis?
“Alcune aspetti li ho già percepiti: uno dei cambiamenti è una quello di puntare maggiormente alla formazione e quindi a progetti per i quali è più difficili trovare finanziamenti. E’ infatti più facile trovare finanziamenti per la costruzione di una scuola che per progetti pure seri e già sperimentati di formazione di giovani che, ad esempio, favoriscano un loro inserimento più efficace a livello ecclesiale e sociale. L’ignazianità consiste anche nel fare quelle cose che risultano più difficili, come questa attenzione a far crescere cristianamente le persone. In fondo è quello che ci chiede il Papa, un modo di andare verso le periferie, nelle situazioni più difficili”.

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