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Milano. Popoli: intervista esclusiva a padre Lombardi

Nel numero di dicembre di Popoli – mensile internazionale dei gesuiti, che si avvia a terminare le pubblicazioni, esce un’intervista esclusiva al gesuita Federico Lombardi, dal 2006 al servizio del Pontefice – prima Benedetto XVI, ora Francesco – come direttore della Sala Stampa vaticana.

“Non avrei mai immaginato che un gesuita potesse diventare Papa”, esordisce padre Lombardi ricordando le sue emozioni del 13 marzo 2013, giorno dell’elezione di Bergoglio. “Mi colpì molto anche il nome Francesco, scelto per la prima volta nella storia dei pontefici: rappresentava un segno di grande coraggio e dimostrava subito la forte personalità di Bergoglio, che non si sentiva condizionato da ciò che era avvenuto prima di lui”.

Nella lunga conversazione con la redazione di Popoli, padre Lombardi spiega poi come si svolge il suo lavoro quotidiano, quali sono le relazioni ordinarie con il Papa e le differenze con i predecessori: “Ogni Papa utilizza i suoi collaboratori come meglio crede. Papa Wojtyla spesso diceva a Navarro-Valls ciò che faceva senza passare attraverso la struttura burocratica, chiamiamola così. Benedetto XVI invece preferiva seguire la via istituzionale. Con Francesco il rapporto è ancora diverso: lui esce da tutti gli schemi e si muove in totale libertà (…). Nelle udienze con i capi di Stato si sofferma molto sul lato umano e spirituale degli incontri”.

Il gesuita piemontese allarga poi lo sguardo sullo stile e il metodo di governo con cui Francesco sta gestendo la Chiesa: “Dice spesso che lui sta operando secondo le indicazioni che gli hanno dato i cardinali durante la preparazione del Conclave: da una Chiesa percepita come centralistica, in cui c’era un certo peso della Curia in molti campi (disciplinare, dottrinale, ecc.), a una Chiesa in cui le diverse parti vengono più ascoltate e hanno un maggiore ruolo nel determinare le linee sulle quali il pontificato si muove”.

Popoli ha anche chiesto a Federico Lombardi, che è stato Superiore della Compagnia di Gesù in Italia dal 1984 al 1990, di sottolineare in quali tratti della personalità e della spiritualità di Bergoglio emerge maggiormente la sua identità di gesuita: “Un aspetto in cui riscontro molto la ‘gesuiticità’ del Papa è quello che definirei del Dio delle sorprese: Dio è sempre più grande di quello che noi abbiamo previsto e calcolato, ci sorprende sempre, ci apre nuovi orizzonti, ci mette davanti a situazioni nuove, ci fa sentire in cammino. Da qui l’idea della Chiesa in cammino, della sinodalità, non avere progetti già scritti, ma cercare di seguire l’ispirazione e la volontà di Dio cercandola ogni giorno. Qui c’è l’idea di Ignazio pellegrino”.

Dopo avere sottolineato alcune somiglianze e differenze tra i due pontefici che ha avuto modo di conoscere da vicino (“Benedetto Papa teologo, Francesco Papa pastore”), il direttore della Sala Stampa non si è sottratto alla domanda relativa ai momenti più difficili del suo lavoro, il periodo di Vatileaks, ha risposto alle voci secondo cui sarebbe prossimo a terminare il suo servizio, per concludere con un messaggio ai giornalisti con i quali ogni giorno si trova ad avere a che fare: “L’idea della comunicazione per la comunione, per il dialogo, per l’unità è assolutamente radicale. Mi considero un avversario giurato della comunicazione per dividere, per mettere uno contro l’altro, per la polemica. La comunicazione serve per la comunione, o – come ama dire Francesco – per l’incontro”.

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