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La prima guerra mondiale raccontata dai documenti dell’Archivio

In questa puntata della rubrica ricordiamo, in occasione dei cento anni dalla firma del trattato di pace di Versailles, la prima guerra mondiale, raccontata dalle carte del nostro archivio storico.

La varietà di fondi conservati nel nostro archivio offre ai ricercatori diverse tipologie di fonti sulla I guerra mondiale: fotografie, bollettini a stampa, lettere, memorie.

Inoltre la documentazione offre diversi “punti” di osservazione del conflitto bellico: i documenti delle case delle province del Nord Italia, ai confini con le trincee sono una fonte diretta del conflitto; mentre le lettere dei confratelli informano i Superiori sulla morte di alcuni padri o sulle ripercussioni vissute dai civili,

La prima guerra mondiale infatti è stata combattuta soprattutto in trincea, in un logorante e lento conflitto di posizione, quindi i suoi echi erano molto più forti nelle residenze e nelle case più vicine al fronte che in quelle dell’italia centrale o insulare, dove tuttavia arrivavano comunque molte informazioni grazie a frequenti carteggi. Questa differenza si osserva nelle historiae domus, le relazioni annuali che ogni comunità invia alla Provincia e alla Curia Generale.

Molte informazioni sui gesuiti nel corso del triennio di guerra – per l’Italia, poiché per altre nazioni la guerra iniziò nel 1914-, si possono desumere dai cataloghi storici, gli stessi cataloghi sono a loro volta una fonte preziosa delle difficoltà vissute in Provincia, per alcune province non fu possibile pubblicare il catalogo annuale o fu necessario distribuirlo in forma più ottimizzata per far fronte alla scarsità di fondi e di materiale.

Vi sono poi alcuni diaristi,  come p. Rocci e p. Massaruti, che seppur lontani dal conflitto riportano informazioni sui caduti e testimoniano il carteggio con i loro ex alunni.

Sono molte le foto presenti in archivio che ritraggono giovani ragazzi, ancora studenti dei Collegi della Compagnia o usciti da pochi anni dalle scuole gesuitiche, inviate ai loro professori, o allegate dalla famiglia alla missiva che comunicava alla scuola la morte del ragazzo.

Dal diario di Lorenzo Rocci:  “15 settembre 1915 Oggi a Mondragone ci giunge la triste notizia che in un combattimento verso l’Isonzo è morto Giovanni Galeotti Ottieri della Ciaia di Chiusi: a tutti noi tal nuova ha apportato dolore […] Nelle lettere scrittimi dal fronte rivela il suo profondo sentimento religioso e insieme entusiasmo per il suo dovere”.

Sappiamo che durante il conflitto bellico, furono molti gli edifici civili convertiti a ricovero o sanatorio per i militari feriti o convalescenti che non potevano restare nelle infermerie del fronte destinate al primo soccorso ed ai casi più gravi.

A Roma, ad esempio, l’Istituto Massimiliano Massimo, all’epoca situato vicino la Stazione Termini, ospitò diversi soldati convalescenti e si conservano le foto di alcuni dei convittori più grandi che assistono i militari.

Sempre p. Rocci è testimone di un avvenimento: “26 settembre 1915 mi fermo all’Istituto Massimo: quivi, poco dopo, arriva all’improvviso la Regina madre Margherita di Savoia, che visita i malati militari, nel riparto della casa dato come ospedale”

nel giro di due mesi Rocci annoterà altre morti avvenute sul fronte nel proprio diario, tutti ex alunni. Nella vicina Villa Vecchia, a Frascati, fu istituito un altro ospedale militare.

Diversi furono i gesuiti inviati sul fronte come cappellani militari, alcuni dei quali perirono nel corso del conflitto: ritratti in molte foto con la loro uniforme militare, i gradi e a volte anche nell’accampamento, come nel caso di p. Strickland, cappellano della Marina.

Nel diario di Rocci è menzionata anche l’epidemia di febbre spagnola che imperversava in Europa, non solo al fronte, ma anche tra i civili. P. Rocci racconta dei ragazzi malati in collegio, delle 200 morti al giorno, registrate a Roma.

                                                                                                   Maria Macchi