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La morte di padre Paolo Bachelet

Presentazione di un libro presso la comunità dei gesuiti di Villapizzone a Milano

Educatore dei giovani, accompagnatore delle famiglie, è morto a 98 anni padre Paolo Bachelet.

Era l’ultimo sopravvissuto dei nove fratelli Bachelet. Padre Paolo se ne è andato serenamente, a 98 anni, la notte prima della festa di tutti i santi. «I funerali, celebrati nella chiesa del Gesù alla presenza di gesuiti e altri religiosi, hanno testimoniato la gratitudine e l’omaggio a un religioso del carisma di Ignazio sempre attento a costruire rapporti di unità e di dialogo», commenta padre Armando Ceccarelli. Era nato il 29 marzo 1922 a Roma, entrato nella Compagnia di Gesù il 7 dicembre 1941. Una vita dedicata a costruire relazioni unificate, ispirato dalla spiritualità del movimento dei Focolari che aveva conosciuto durante gli anni di studio in Gregoriana, mentre studiava filosofia e nel contempo conseguiva la laura in Lettere a La Sapienza.

L’attenzione alla cura della persona lo aveva reso il confessore più ricercato dai seminaristi del Collegio Leoniano di Anagni, dove viene inviato, dopo l’ordinazione avvenuta il 3 febbraio 1958,   come economo, ministro, prefetto di disciplina e docente di italiano e latino al Liceo. Nel 1960 è nominato Rettore della scuola apostolica “S. Giovanni Berchmans” a Villa Mondragone,   quindi a Livorno presso l’Istituto Francesco Saverio.

Padre Paolo torna ad Anagni e vi resta fino al 1987, anno in cui il Leoniano viene consegnato alle diocesi del Lazio e i padri gesuiti rientrano in altre opere. Durante questi anni viene nominato delegato per le vocazioni ed esaminatore dei candidati al Noviziato; è padre spirituale e confessore nel seminario di Segni. Si occupa dell’Associazione “Famiglie numerose” e ne diventa consultore ecclesiastico.

Dopo la presenza nel Seminario Regionale di Anagni, nel 1987 viene inviato presso la Cappella Universitaria dell’Università La Sapienza di Roma, dove fa confluire i frutti dell’esperienza educativa precedente nel servizio di pastorale universitaria. Vi resterà fino al 2001. «In questi anni era molto amato sia dagli studenti che dai docenti universitari, che si rivolgevano a lui per consiglio e guida spirituale. Per carattere e per esperienza, oltre che per una buona capacità intellettuale e di studio, sapeva sempre costruire rapporti di unità e di dialogo. Aveva un buon tratto con tutti, grande discrezione e rispetto delle persone. Colpiva tutti per la sua capacità di ascolto», ricorda padre Ceccarelli. Alla cappella universitaria bussavano anche molte persone conosciute negli anni precedenti: ex seminaristi di Anagni, diventati parroci e anche vescovi, continuavano a farsi guidare spiritualmente da lui. «Conversando tra confratelli, spesso diceva che in molti colloqui si trovava di fronte a temi per cui non aveva la risposta pronta. Non se ne preoccupava perché constatava che chi gli confidava un problema, con l’ascolto così discreto ed attento di lui come accompagnatore, trovava da sé la luce e la risposta. Padre Paolo comunicava questo come esperienza concreta della presenza Gesù nel colloquio spirituale». Vivendo lo spirito dell’unità, aveva molti contatti con altre comunità religiose di Roma, motivo per cui il Padre Provinciale lo nominò delegato CISM per il Lazio.

Padre Paolo ha sempre avuto molta attenzione alle famiglie e alle loro problematiche. Negli anni ’90 ha contribuito alla formazione dell’associazione Famiglie Separate Cristiane (FSC). «È stata veramente esemplare l’attenzione di Padre Paolo alla preparazione e allo svolgimento del Sinodo sulla famiglia. In quel tempo l’associazione FSC ha fatto giungere al Segretario Generale del Sinodo una puntualizzazione su alcune questioni riguardanti le tematiche del Sinodo, che si possono ritrovare nell’Esortazione Apostolica “Amoris Laetitia”».

Qui l’intervista ad Avvenire in cui padre Paolo ricorda la morte tragica, avvenuta il 12 febbraio del 1980, di suo fratello Vittorio, allora vicepresidente del Csm assassinato dalle Br, e l’esempio fulgido dell’altro fratello, anche egli gesuita, Adolfo, scomparso nel 1995, che spese buona parte del suo ministero nelle carceri italiane per promuovere un cammino di riconciliazione.

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