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La morte di padre Eugenio Costa, sapiente con la grandezza dei piccoli

Presentazione di un libro presso la comunità dei gesuiti di Villapizzone a Milano

Dopo una lunga malattia è morto a Roma nella notte del 17 gennaio padre Eugenio Costa, teologo, liturgista, musicologo tra i più conosciuti divulgatori in Italia della Riforma liturgica. Gesuita dal 1953, era nato a Genova il 25 marzo 1934.

Il ricordo di padre Carlo Casalone, il giorno del funerale, martedì 19 gennaio.

“Non è scontato poterci incontrare per dare il nostro ultimo saluto a Eugenio e per pregare per lui. E anche per noi, per aiutarci a riconoscere con gratitudine quello che da lui abbiamo ricevuto. È un momento importante meditare su quello che della sua vita siamo chiamati ad accogliere come eredità, da valorizzare in modo responsabile nelle nostre vite. Spesso sono tracce, ricordi, immagini, parole che non vogliamo lasciarci sfuggire per disattenzione o per trascuratezza. E in questo ci aiutiamo gli uni gli altri, in modo semplice e familiare. Purtroppo per molti che ci hanno lasciato, in questo periodo, non è stato possibile.

Vorrei iniziare con i primi ricordi che ho di Eugenio: il primo incontro, a Torino nella primavera del 1985. Eravamo, come novizi, in esperimento al Cottolengo e abbiamo visitato il Centro Teologico. Una visita molto interessante, con un giro in biblioteca e molte domande sul seminario che era in programma per i giorni successivi e che aveva attirato la nostra attenzione. Il titolo esatto non lo ricordo, ma l’argomento sì: qualcosa tipo “le aporie della modernità interpellano la riflessione teologica”. Mi ha colpito il fatto che mi sia subito tornato alla mente, cosa che dice l’interesse che suscitò in noi novizi. Avemmo la sensazione di una fede che pensa, che entra in dialogo con i fermenti della cultura contemporanea, che affronta le domande anche scomode che la vita umana pone a tutti e che tutti ci accomuna, qualunque sia la visione del mondo di ciascuno. Eravamo nei tempi successivi al Concilio vaticano II, che aveva riconosciuto la responsabilità dei credenti nell’incoraggiare l’ateismo, quando propongono un’immagine di Dio non evangelica, non credibile e da non credersi. Paolo VI aveva affidato alla Compagnia la missione di combattere l’ateismo, teorico e pratico. Cioè non solo sul piano delle idee, ma quello che è presente in modi di vita – anche nostri – che indicano la noncuranza e il disinteresse nei confronti di Dio.

Mi ricordo che per noi novizi fu un incontro molto incoraggiante, che ci ha trasmesso l’esperienza di una fede viva, che prende sul serio le domande che accompagnano chi è alla continua ricerca del senso dell’esistenza e che anche noi ci ponevamo. E allora non immaginavo che Eugenio sarebbe venuto qualche anno dopo (2004) come parroco nella comunità di cui ero superiore a S. Fedele a Milano. E nella stessa comunità abbiamo vissuto finché, nel 2008, tutti e due siamo venuti a Roma, pur con destinazioni diverse.

In effetti Eugenio è sempre stato attento ai fermenti teologici che hanno portato al Concilio e che si sono poi sviluppati successivamente. Questo si vedeva nella sua simpatia e conoscenza di teologi come Theillard de Chardin e in particolare in tutto l’impegno che investiva nel dare attuazione alla riforma liturgica. In effetti la liturgia è stata il punto su cui sono potute convergere le sue capacità artistiche, mettendo insieme musica, canto e poesia e celebrazione della fede. In questa linea furono molte le collaborazioni con diverse commissioni liturgiche, a partire dalla CEI, ma anche con gruppi più o meno stabili di ricerca in questo ambito, sia all’interno della Compagnia sia in altri contesti.

Certo tutto il suo impegno apostolico era supportato da una solida formazione: Laurea in lettere moderne università di Genova 1964 (su S. Cipriano); Dottorato in teologia a Parigi 1975 all’Istituto di Liturgia, con un titolo che tradotto e semplificato suona Tropi e sequenze nella vita liturgica del Medio Evo; studi di pianoforte, composizione, musica liturgica (alla scuola di grandi maestri. Quindi aveva tutti i titoli per essere annoverato tra i sapienti e gli intelligenti di cui parla il vangelo che abbiamo ascoltato (Mt 11,25-30). E tuttavia questo non era l’atteggiamento di fondo di Eugenio, che era invece piuttosto quello dei piccoli (ed è questo il motivo per cui ho scelto questo brano). Un atteggiamento cioè che non cerca di afferrare aggressivamente la realtà, di inquadrarla in schemi riduttivi, che non vuole a tutti i costi catturare i fenomeni e rinchiuderli all’interno alle proprie categorie. Insomma un modo di accedere alla realtà che non asseconda il lato violento della ragione, quando vuole tecnicamente calcolare, definire, strumentalizzare, monetizzare. Il vangelo ci dice che se sottoponiamo le tutte le cose (per usare il termine impiegato dal Vangelo, incluso Dio) a questo trattamento, non puoi incontrare né il Figlio né il Padre. Ne verrà piuttosto un’immagine di Dio che è risultato delle rappresentazioni umane e inaccettabili, proprio quelle che contribuiscono a scatenare le reazioni dell’ateismo, che in questo ci pone domande pertinenti.

I piccoli di cui parla il vangelo sono piuttosto in un atteggiamento che lascia essere le cose, in modo da coglierne il significato. Un atteggiamento che potremmo dire contemplativo. Le stesse parole del vangelo di oggi ci sollecitano proprio in questa linea, perché evitano di definire e rimangono in un certo senso nel vago: su quali siano “queste cose” nascoste o consegnate dal Padre al Figlio, facendocene così percepire l’inafferrabilità. È un atteggiamento di sapienza contemplativa, che matura attraverso l’esperienza, l’ascolto riconoscente, che non pretende né presume. Non si contrappone all’attività intellettuale, anche vivace e intensa, ma ne riconosce i limiti. Eugenio ha testimoniato questo atteggiamento, elaborando una sua via di tipo contemplativo, discreta e di parole sempre più scarne ed essenziali in queste ultime settimane. Anche nel suo modo di porre domande sula pandemia, senza nascondere la sua sorpresa, rimanendo in sospeso sulle risposte, davanti a interrogativi difficili, eppure affidandosi”.

Carlo Casalone SJ

Padre Casalone ricorda p. Eugenio Costa qui l’omelia completa di padre Casalone

Qui l’articolo dell’Osservatore romano: “È morto il gesuita Eugenio Costa”

Qui  l’articolo di Avvenire. “Addio a padre Eugenio Costa, gesuita musicologo e anima delle Riforma liturgica”

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