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La cittadinanza da ripensare

Come ripensare il concetto di cittadinanza? Ha un valore così com’è stata pensata fino ad ora? Al primo dei webinar promossi da Civiltà Cattolica e dalla Georgetown University, il 9 luglio, hanno risposto Giovanni Moro, Angela Taraborrelli e Ruper Strachwitz.

Dalla partnership tra La Civiltà Cattolica e la Georgetown University è nato un ciclo di webinar dedicato alle «Questioni di Civiltà», che si svolgerà tra luglio e dicembre 2020.
Il primo dei webinar in programma – «Il futuro della cittadinanza» – si è tenuto il 9 luglio. Le sfide globali hanno messo in discussione le concezioni tradizionali della cittadinanza basate sullo stato nazionale. La crisi innescata dal Covid-19 è solo uno degli esempi più recenti dell’incremento dell’interdipendenza trans-nazionale, dalla salute e l’economia alla politica e l’ambiente. Fino a che punto dobbiamo ripensare la cittadinanza come modo di vivere insieme uno spazio culturale, religioso e politico?

Stati e cittadinanza

Nel corso del webinar – introdotto dal direttore de La Civiltà Cattolica, Antonio Spadaro SJ, e coordinato dalla rappresentante di Georgetown University a Roma, Debora Tonelli – Giovanni Moro (sociologo politico, Università La Sapienza – Roma), Rupert Graf Strachwitz (scienziato della politica e storico, Maecenata Institute – Berlin) e Angela Taraborrelli (Professore Associato di Filosofia politica, Università di Cagliari) hanno discusso il futuro della cittadinanza a partire da ambiti disciplinari differenti.

La cittadinanza è un concetto ignorato fino all’inizio degli anni ’90, identificato con il passaporto. Poi una fioritura di interesse che non ha condotto però a una definizione. «È un dispositivo di inclusione, coesione e sviluppo della società democratica» ha sottolineato Giovanni Moro «in relazione a tre componenti: essere riconosciuti a livello politico giuridico sociale; usufruire di diritti standard di vita garantiti e riconosciuti e avere doveri anche di solidarietà; partecipare infine a definire finalità standard e regole del gioco della comunità politica».

La cittadinanza si definisce anche negli «atti, sentenze, contratti che ne definiscono i contenuti e nelle pratiche». Il modello canonico ereditato dal ‘900, legato a confini nazionali, oggi non funziona più. Lo hanno evidenziato migrazioni, perdita di potere degli Stati, identità ibride, sviluppo della comunicazione.

«La cittadinanza non è morta ma è in corso di trasformazione», dall’identità di genere, alle forme di partecipazione politica, alla stessa cittadinanza europea.

Stato nazionale e cosmopolitismo

«Sono 10 milioni gli apolidi nel mondo» ha detto Angela Taraborrelli, «con Stati che non sono in grado di garantire diritti». Nonostante gli Stati abbiano sottoscritto la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, l’individuo si è trovato spesso privo di canali per rivendicare diritti di cittadinanza globale. «Si tratta di affiancare alla cittadinanza nazionale quella cosmopolita, non di sostituirla» ha sottolineato. «Sul modello europeo per permettere ai cittadini privi di quella nazionale di trovare protezione non solo come rifugiati ma come cittadini cosmopoliti, con un sostegno economico da garantire attraverso contributi delle élites, non degli strati sociali più poveri».

La sfida per gli Stati «è diventare cosmopoliti, riconoscendo i diritti ai migranti che vivono nel loro territorio, non relegandoli a privilegi feudali come fatto da alcuni stati liberali, che hanno riconosciuto sostegno economico ma non cittadinanza».

Cittadinanze multiple

A parlare di cittadinanze multiple è stato Rupert Strachwitz. «Non esiste più soltanto il mondo degli Stati. Molti si sentono cittadini di altre realtà: religiose o espressione della società civile. In particolare i giovani si riconoscono in realtà, associazioni, da Amnesty a Fridayforfuture.

La cittadinanza Europea è molto diversa da quella USA, che deriva dall’ 800. Se sarà più aperta andrà verso una società stabile che include le differenze, altrimenti non funzionerà”. Importante in questo processo, dove alcune nazioni sono più avanti, il ruolo delle comunità religiose.

Ad emergere in conclusione la generale insoddisfazione rispetto a vecchi concetti di cittadinanza e la responsabilità perché la città diventi più inclusiva. La sfida a costruire “comunità di destino comune”, educare alla cittadinanza, un’eccedenza di umano che chiede risposte.

Il ciclo di webinar «Questioni di civiltà» continuerà poi coinvolgendo esperti italiani e internazionali per discutere questioni di attualità nell’ambito della cultura, della società, della politica e della Chiesa.

La partnership tra La Civiltà Cattolica e Georgetown University ha già prodotto l’iniziativa del China Forum per il Dialogo tra Civiltà (https://chinaforum.georgetown.edu/).

 

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