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Inizia il viaggio: una veglia al Gesù

Interno della Chiesa del Gesù a Roma

La preghiera è stata curata da tre Scolastici. Al centro la santità di Ignazio, iniziativa di Dio. Il discernimento, dono per tutti. Ecco perchè le scelte di Ignazio ci interrogano nel dopo Covid.

Il colpo di cannone, la spada, la teca con le reliquie e la gloria dei Santi. I simboli dell’itinerario di preghiera proposto il 20 maggio presso la Chiesa del Gesù per l’inizio dell’Anno Ignaziano. Una veglia presieduta da p. Angelo Schettini, con brevi citazioni tratte dall’autobiografia, letture scelta dagli Scolastici e canti che riprendono i testi della Scrittura.

“Una preghiera che molti hanno apprezzato” sottolinea p. Marco Colò, coordinatore EUM per questo anno ricco di eventi. “per la sobrietà e la cura. L’alternarsi di letture, silenzio e canti ha permesso di gustare con calma meditativa alcune espressioni ed immagini dell’autobiografia e della Scrittura”.

A preparare la preghiera sono stati tre Scolastici: Anselmo Rabadan Linares, nel filosofato di San Saba, Pietro Coppa, in magistero all’Istituto Massimo e Dominik Dubiel, nel teologato internazionale del Gesù, con il supporto di p. Massimo Marelli, rettore della Chiesa del Gesù.

Esperienza di comunione

“Un’esperienza fortemente consolante lavorare insieme” spiega Pietro Coppa, Scolastico. “Non conoscevo né Anselmo né Dominik, eppure sin dall’inizio abbiamo lavorato in perfetta sintonia. L’intimità con la Parola di Dio e la conoscenza della spiritualità ignaziana sono tratti che accomunano tutti i gesuiti; è come se ognuno di noi condividesse con gli altri gli stessi “geni spirituali”. L’esistenza di questo terreno comune ha sicuramente agevolato il dialogo sulla scelta dei testi biblici e ignaziani. Ognuno ha messo a disposizione del gruppo un suo particolare talento, una capacità che gli altri non avevano. Io ho selezionato i testi, Anselmo ha curato la liturgia e Dominik ha pensato ai canti. Mentre collaboravamo mi veniva in mente il discorso che Paolo fa nella Prima Lettera ai Corinzi sulla Chiesa come Corpo di Cristo (1 Cor 12,4-24). Per noi religiosi, lavorare insieme ad una comune iniziativa apostolica è un’opportunità preziosa, perché ci ricorda che il talento di ciascuno non è un motivo di vanto, ma una grazia ricevuta, da mettere al servizio degli altri (1 Pt 4,10). Infine abbiamo gustato l’opportunità di poter predisporre ogni cosa con cura affinché la celebrazione potesse essere un vero momento di preghiera, sia per i nostri confratelli sia per i fedeli laici.

La Santità di Ignazio, iniziativa di Dio

Il cuore della preghiera poneva al centro Ignazio e la sua santità. “Abbiamo scelto di concentrarci sulla prima parte dell’Autobiografia. Per questo motivo abbiamo deciso di dare rilievo alla ferita di Pamplona e agli eventi immediatamente successivi. Volevamo evidenziare che la santità è possibile solo se è Dio che prende l’iniziativa. Non a caso abbiamo abbinato al passo dell’autobiografia l’immagine biblica del vasaio (Ger 18,1-10). Ci tenevamo che fosse chiaro che è Dio a fare il primo passo. Noi dobbiamo “soltanto” lasciarci plasmare. È fantastica questa immagine di Dio che tramite il colpo di bombarda e una lunga convalescenza distrugge il vecchio Ignazio e ne plasma uno nuovo”.

Il discernimento, dono da condividere

Un invito, questo Anno Ignaziano, ad approfondire e a diffondere sempre di più l’insegnamento di Ignazio sul discernimento degli spiriti. “Non solo offrire a molti la possibilità di fare gli Esercizi Spirituali, ma anche e soprattutto promuovere il discernimento come atteggiamento permanente per coloro che scelgono la sequela di Gesù. Si tratta di far passare l’idea che il discernimento spirituale non è una prerogativa dei gesuiti, ma una pratica di cui ogni cristiano dovrebbe servirsi. Le regole del discernimento di Ignazio sono il frutto dell’eccezionale carisma del santo di Loyola in tale ambito, ma di discernimento degli spiriti si parla in maniera esplicita già nel Nuovo Testamento (cfr. 1 Cor 12,10 e 1 Gv 4,1). Questi passi sono la prova che il carisma di Ignazio è radicato nella tradizione della Chiesa ed è un dono per la Chiesa. Sono convinto che l’eredità del nostro fondatore sia un tesoro di cui tutti, in un modo o nell’altro, dovrebbero divenire partecipi”.

Fare memoria di quanto ricevuto attraverso la spiritualità ignaziana

Per quanti sono vicini ai gesuiti, quest’Anno Ignaziano è un’occasione per fare memoria di ciò che hanno ricevuto dalla Compagnia. “Molti le sono grati perché scoprendo il discernimento degli spiriti hanno potuto sperimentare una maggiore libertà e un profondo rinnovamento nella propria vita di fede”, sottolinea Pietro. “Non di rado coloro che entrano in contatto con la nostra spiritualità realizzano che “la lettera uccide, lo Spirito invece dà vita” (2Cor 3,6). Altri rimangono folgorati quando scoprono che nella preghiera è “lo stesso Creatore e Signore” che si comunica all’anima (EESS n.15). Tanti si sentono a casa quando li esortiamo a “cercare e trovare Dio in tutte le cose”: è un invito che valorizza la creatività e i talenti della singola persona. La ricerca di Dio di ognuno di noi è condizionata dalla propria storia personale e dal proprio modo di essere. Alle persone piace che questi elementi siano valorizzati come punti di partenza per il cammino verso Dio e i fratelli”.

Le scelte di Ignazio ci interrogano nel dopo Covid

Durante la convalescenza Ignazio si trovò di fronte a un bivio: doveva scegliere se tornare alla vita di soldato e proseguire sulla via della ricerca dell’onore mondano, oppure abbracciare una forma di vita totalmente nuova e dedicarsi interamente al servizio del Signore. “Il mondo, dopo la ferita del Covid-19, si trova di fronte ad un crocevia importante. La tentazione più forte, come ci ricorda spesso Papa Francesco, è quella di “ricadere nel nostro egoismo di prima”. Per Ignazio la convalescenza è stata un’occasione per meditare sulla vita che stava conducendo e questo lo ha portato “vedere nuove tutte le cose”. La crisi sanitaria, pur rappresentando un dramma, deve spingerci ad una analoga riflessione, così da trasformare la nostra vita personale e quella della società in cui viviamo. Un altro episodio della vita di Ignazio che ha molto da dire al mondo di oggi è quello della “veglia in armi” a Montserrat: dopo aver pregato per un’intera notte di fronte all’altare di Nostra Signora, il santo decise di abbandonare i suoi abiti da soldato e di rivestirsi delle armi di Cristo. Il mondo lacerato dalle guerre deve abbandonare la mentalità per la quale la sopraffazione dell’altro è l’unico modo di interpretare la vita. Il recente riacutizzarsi del conflitto tra israeliani e palestinesi è soltanto uno dei tanti conflitti che imperversano sul mondo e che non accennano a risolversi. La scelta di Ignazio, per il mondo e i suoi governanti, è un invito a cessare le ostilità; per noi religiosi è una esortazione ad avere “i piedi calzati e pronti a propagare il vangelo della pace” (Ef 6,15).

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