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Il cardinal Carlo Maria Martini e il carcere

Presentazione di un libro presso la comunità dei gesuiti di Villapizzone a Milano

Nel volume “Un’altra storia inizia qui” Marta Cartabia e Adolfo Celetti si confrontano con il magistero di Martini spiegando il valore che esso continua a racchiudere e la necessità ancora viva di ciò che l’arcivescovo auspicava: una giustizia che ricucia i rapporti piuttosto che reciderli, promuova i valori della convivenza civile, porti in sé il segno di ciò che è altro rispetto al male commesso.

«Entrai a piedi nella città, passai di fianco alle grandi carceri di San Vittore, diedi una benedizione e pensai: lì vivono migliaia di persone che devo andare a trovare».  Con queste parole Carlo Maria Martini ricordava il suo ingresso a Milano il 10 febbraio 1980. Dalle visite in carcere che fece lungo tutto il suo mandato episcopale nasce la riflessione racchiusa in queste pagine: come e perché fare in modo che la pena sia giustizia ma anche ricomposizione?

La nuova collana Bompiani Martini Lecture

Marta Cartabia, presidente della Corte costituzionale, e Adolfo Ceretti, docente di Criminologia, si confrontano con il magistero di Martini spiegando il valore che esso continua a racchiudere e la necessità ancora viva di ciò che l’arcivescovo auspicava: una giustizia che ricucia i rapporti piuttosto che reciderli, promuova i valori della convivenza civile, porti in sé il segno di ciò che è altro rispetto al male commesso.

Il testo è il volume inaugurale della nuova collana edita da Bompiani Martini Lecture, in sinergia con l’Università Bicocca e il patrocinio della Diocesi di Milano, su iniziativa della Fondazione Carlo Maria Martini, per condividere il pensiero del Cardinale.

Casalone: “Dio chiede giustizia per ricomporre la relazione”

«Con San Vittore – per lui il cuore di Milano – aveva un’appuntamento fisso a Natale» spiega padre Carlo Casalone, presidente della Fondazione – «per fare esperienza vissuta di una concezione della giustizia che non poteva rimanere solo teorica. Tante le amicizie nate, epistolari che gli hanno permesso di rielaborare un accompagnamento. Lui stesso andava a visitare le persone, nonostante alcune perplessità delle autorità per i rischi. Tra loro diversi terroristi che poi lo hanno seguito nella sua scuola della Parola in Duomo. Il tentativo di distinguere il peccato dal peccatore è stato per lui fondamentale, per ribadire la dignità della persona. Antesignano del valore della giustizia riparativa, in realtà ancorata nella Bibbia: nella Scrittura non è Dio il giudice ma la parte lesa. Chiede giustizia non per condannare l’altro ma per ricomporre la relazione».

Il primo di una serie di volumi, per condividere la grande eredità di Martini, «lievito» conclude Casalone «per avviare processi che aiutino le persone a far crescere il loro pensiero, la loro azione, la loro responsabilità nella società civile».

l’intervista a p. Casalone di Radio Vaticana tratta da “I Cellanti”, 25 ottobre 2020

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