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“Giocarsi la vita”: Francesco in dialogo con i gesuiti dell’America centrale

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La Civiltà Cattolica pubblica il resoconto del colloquio privato del Pontefice in occasione del suo viaggio a Panama. Tra i temi affrontati, anche la teologia della liberazione, l’educazione dei giovani in questo tempo e il rapporto tra gesuiti e politica.

Il 26 gennaio scorso, durante il suo viaggio a Panama per la 34a Giornata Mondiale della Gioventù, papa Francesco ha incontrato nella Nunziatura 30 gesuiti della provincia centroamericana, tra cui 18 novizi. Ha risposto alle domande che gli venivano poste, facendo riferimento – sentendosi «in famiglia» – anche alle sue esperienze personali. Il direttore de La Civiltà Cattolica, p. Antonio Spadaro, presente all’incontro, ha realizzato per il numero 4048, in uscita sabato 16 febbraio, la trascrizione del colloquio, approvato poi dal Pontefice per la pubblicazione.

Tre problemi politici. Il Papa, facendo risuonare il suo vissuto degli incontri di quei giorni, ha messo in evidenza tre problemi globali, di ordine politico. Il primo è quello delle nuove forme di colonizzazione, in specie quelle «ideologiche e culturali», invitando i gesuiti ad analizzare a quali fra esse «sono sottoposti i nostri popoli» dell’America Latina. Il secondo è quello della preoccupante abitudine al clima di crudeltà e odio che plasmano le nostre società. Il terzo riguarda la giustizia, una giustizia che cerca solamente «pena senza speranza».

I gesuiti e la politica. Il Papa ha affermato che «il Vangelo è un’espressione politica, perché tende alla polis, alla società, a ogni persona in quanto appartiene alla società». Alla luce di ciò, «l’impegno politico per un religioso non significa militare in un partito politico… il compito è quello di stare sopra le parti. Però non come chi se ne lava le mani, bensì come uno che accompagna le parti perché giungano a una maturazione, apportando il punto di vista della dottrina cristiana». E ha aggiunto significativamente: «In America latina non sempre c’è stata maturità politica».

La teologia della liberazione. Papa Francesco ha voluto ricordare che i gesuiti sono stati «pionieri negli anni delle lotte sociali cristiane» in America. Ha ricordato in particolare il sacrificio del padre gesuita Rutilio Grande e la sua influenza su Sant’Oscar Romero. «In quel tempo – ha detto – c’erano vescovi, alcuni anche molto vicini ai regimi di allora, che pensavano che canonizzare Romero significasse “canonizzare il marxismo”». Ma «l’importante è non farsi sopraffare dall’ideologia né da un lato né dall’altro» e nemmeno dalla «ideologia asettica» del «non impicciarti: questa è l’ideologia peggiore».

Inculturazione della fede e della santità. Sintonizzandosi sulle preoccupazioni di un giovane gesuita maya, papa Francesco ha ricordato che «ciascuno deve conservare la cultura da cui proviene, perché la santità che vuole raggiungere si deve basare su quella cultura, non su un’altra. Tu che vieni da quelle culture, non ti inamidare l’anima, per favore! Sii maya fino alla fine. Gesuita e maya». Nella conversazione Francesco rivela che si sta lavorando alla causa di beatificazione di Matteo Ricci e si parla dell’importanza della sua «amicizia con Xu Guangqi, il laico cinese che lo accompagnava e che restò laico e cinese, santificandosi da cinese e non da italiano com’era Ricci».

Trasparenza, concretezza, giocarsi. Ricordando la sua esperienza da maestro dei novizi e da superiore, papa Francesco ha parlato di alcuni atteggiamenti per lui fondamentali: la trasparenza di coscienza, la virtù della concretezza, «la virtù che oggi viene richiesta a tutti, e tanto più a un gesuita». «… Basta con la testa fra le nuvole… Via le cosucce eteree. La vita spirituale concreta. La vita impegnata, concreta. La vita di amicizia, concreta». Ma soprattutto, in un momento in cui nella vita prevale il provvisorio, Francesco ha colto l’occasione per ampliare l’orizzonte: «Giocarsi la vita: è una delle cose più arrischiate che ci siano oggi. Infatti, siamo in un’epoca in cui il provvisorio prevale sul definitivo».

Il virtuale e l’incontro. L’ambiente digitale è, a sua volta, una sfida: esso «aiuta nel creare contatti, ma non “incontri”», nel senso che «non ti tiene unito alle radici. Ti manda in orbita. Ti toglie la dimensione concreta» della vita. Papa Francesco segnala, in generale, una crisi della nostra capacità di incontro. Il dialogo tra giovani e anziani resta per lui la ricetta: «Le radici le danno i vecchi. Per questo, quando dico che i giovani devono incontrarsi con i vecchi, non esprimo un’idea romantica. Fateli parlare».

Davos e un’economia senza radici. A proposito di concretezza e di radici, il Papa commenta anche una notizia emersa in occasione dell’incontro di Davos, ossia «che il debito generale dei Paesi è molto più alto del prodotto lordo di tutti insieme». Dice Francesco che «è come la truffa della catena di sant’Antonio: le cifre si gonfiano, milioni e miliardi, ma sotto non c’è altro che fumo, è tutto liquido, gassoso, e prima o poi crollerà».

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Nel quaderno 4048 oltre al testo integrale del colloquio del Papa, il terzo articolo in preparazione dell’Incontro dei vescovi sulla protezione dei minori: una priorità globale e non solo nella Chiesa; l’immaginario della parola e “i traduttori che non tradiscono”; il “vento freddo” della democrazia diretta; perché ci riguarda la guerra commerciale tra Usa e Cina; il resoconto del viaggio del Papa a Panama; il testo del documento congiunto firmato ad Abu Dhabi dal Grande Imam di Al-Azhar e da papa Francesco; uno sguardo in Iran, con il film “Tre volti” di Jafar Panahi.

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