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Exodus, una tragica via Crucis moderna

Le preferenze apostoliche universali dei gesuiti

La mostra è stata voluta a Roma dalla fondazione Migrantes, da Caritas Italia e Caritas di Roma, dalle associazioni Amici di Milano e Agite di Roma, con il sostegno tra gli altri della Provincia Euromediterranea della Compagnia di Gesù. Nello spazio del Caravita, dove Exodus sosterà fino al 31 luglio, si terranno una serie di eventi culturali – concerti, proiezioni, conferenze – relativi al tema delle migrazioni e dell’esodo

All’oratorio del Caravita è approdata“Exodus”, mostra di Safet Zec. L’artista bosniaco, che ha realizzato la pala della Deposizione al Gesù, ha creato un ciclo di pannelli che rappresentano il dramma dell’esodo, della migrazione forzata. «È una via crucis contemporanea», ha commentato il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana. I pannelli di Exodus, lavorati con tecnica mista,  raccontano il dramma dei disperati passeggeri delle zattere del mare o dei corpi di bambini, come Alan, sbattuti senza vita sulle spiagge del Mediterraneo.

qui l’articolo di Famiglia Cristiana

«Zec riesce a innestare forme di aggregazione verso obiettivi comuni, la sua forza è nel tentativo di incrinare l’indifferenza», dice Patrizia De Micheli, ideatrice della mostra e presidente di Amici (Associazione milanese incontro cultura e immagine).
«Certi pezzi di tela sono dentro di noi, ogni artista accede a ciò che si porta dentro» ha commentato all’inaugurazione Zec, uomo di poche parole, che ben conosce l’esperienza dell’esodo. Quando scoppia la guerra dei Balcani, infatti, l’artista, nato nel 1943 in un paesino della Bosnia Erzegovina, è costretto a lasciare Sarajevo, dove vive. Attraverso la perdita e l’esilio torna all’arte figurativa, che per un periodo aveva messo da parte. «Non potevo che usare gli unici mezzi che conoscevo per raccontare gli orrori della guerra. In questo periodo sono nati i corpi feriti, gli abbracci». E le figure di donne straziate dal dolore, le mani rugose sui volti rigati di lacrime, le madri che piangono i figli morti. «Se metti tutto la tua maestria e il tuo pensiero l’opera che fai necessariamente tocca chi la vede, è una creazione spirituale. È un’arte millenaria, antica, che parte dai graffiti della caverne e arriva alla pietà di Michelangelo: la mano di un uomo ha la possibilità di creare», sostiene Zec, che ha anche dipinto la pala della deposizione di Cristo, unica opera di arte contemporanea della chiesa del Gesù a Roma, svelata e benedetta da papa Francesco il 27 settembre 2014.
La tecnica mista usata per Exodus impasta le pagine dei quotidiani con il colore, costruisce percorsi di senso nella materia della tela. «La sua pittura colpisce per la generosità delle emozioni che trasmette e la strepitosa tecnica di controllo degli strumenti della pittura», commenta Giandomenico Romanelli, per trent’anni responsabile della Fondazione Musei Civici di Venezia e curatore della mostra. «È un’arte fuori dal tempo, traduce in luce le emozioni». In Exodus «esprime la vicenda umana, soggettiva e universale». Le cinque tele accostate sulla parete, dice il critico d’arte, «danno vita a una narrazione unitaria. Dove la rappresentazione vive di una luce interna, i bianchi degli abiti, che costruiscono forme e scene complesse».
Safet Zec racconta nelle sue opere l’universalità della condizione umana, che spera oltre il dolore e la follia delle guerre e delle violenze. «La mia religione? Credo nella natura, ne ho grande rispetto e paura. Basta un vento, un’alluvione e porta via tutto. È una forza imprevedibile. È questa la mia religione, ma rispetto chiunque abbia fede. Per me è importante che l’uomo si inginocchi. Rispettare qualcosa che è sopra di noi ci rende uomini e non bestie».

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