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Cultura. Papa Francesco nella stampa dei gesuiti italiani

Le tre riviste della Provincia di Italia dedicano ampio spazio all’elezione di Papa Francesco, ciascuna secondo il proprio taglio.
Aggiornamenti Sociali di aprile si sofferma sul carisma di Francesco. “Siamo stati tutti impressionati dalla semplicità e informalità del nuovo Pontefice, dai suoi richiami ad una Chiesa ‘povera per i poveri’ e dai suoi gesti eloquenti. Mentre ancora ce ne rallegriamo” dice nell’editoriale il direttore Giacomo Costa, “riteniamo importante cominciare a esplorare le sorgenti da cui questi sentimenti nascono e le ragioni che li motivano, per compiere quel passo che la spiritualità dei gesuiti, da cui p. Bergoglio proviene, chiama ‘discernimento’ della strada da percorrere”. Un primo punto di riflessione è legato all’ossimoro rappresentato dal nome scelto dal nuovo pontefice. Infatti, se “papa” richiama immediatamente l’istituzione Chiesa, Francesco d’Assisi è invece un santo carismatico e “resistente” alle logiche istituzionali: ecco i due estremi che papa Bergoglio mette insieme “in carne e ossa” con la scelta del proprio nome. A Francesco si apre la possibilità di “trasformare la tradizionale separazione – e talvolta opposizione – tra Chiesa carismatica e Chiesa istituzionale in una sorgente di fedeltà creativa alla propria missione”. Fin dalla sua prima apparizione, il carisma di papa Francesco si è imposto come evidente, ma senza mai risultare aggressivo o schiacciante: un assaggio dell’esperienza di una Chiesa che sta “quasi alla fine del mondo”. Tre elementi, in particolare ci permettono di scorgerne le radici e di gustarne la ricchezza: la costante attenzione all’essenziale e alla sobrietà; uno sguardo sul mondo e suo ogni persona che promuove il riconoscimento e la riconoscenza vicendevoli; lo spazio dato al silenzio per mettersi in ascolto della propria coscienza. Ma “la vera sfida” dice il direttore di Aggiornamenti Sociali, “non è tanto quella di essere carismatico, ma rendere carismatica l’istituzione. È questo il compito di ogni autentica leadership”. La potenzialità irrinunciabile delle istituzioni è, infatti, quella di attivare delle dinamiche in grado di coinvolgere un numero di persone che nessuno, da solo, sarebbe in grado di raggiungere. Alcuni primi segni di come i gesti carismatici possono avere portata istituzionale sono già intuibili e toccano il modo di concepire la Chiesa come sempre in movimento e decentrata da se stessa, le prospettive di un governo maggiormente collegiale, il rapporto con le altre confessioni cristiane non cattoliche e con le altre religioni.
Popoli, mensile internazionale, dedica un numero speciale al racconto dell’elezione del primo Papa gesuita e primo Papa latinoamericano nella storia della Chiesa. In un inserto di 20 pagine, Popoli ha selezionato e tradotto gli articoli più interessanti che gesuiti di tutto il mondo hanno scritto su questi due eventi. Gli articoli selezionati sono stati scritti da gesuiti (o collaboratori dei gesuiti) che operano in Australia, India, Kenya, Tanzania, Stati Uniti, Argentina, Gran Bretagna, Spagna, Svizzera, Uno sguardo globale sul primo Papa non europeo della storia moderna. Ad arricchire il numero, contributi di alcune “firme” abituali di Popoli: Giacomo Poretti (del trio Aldo, Giovanni e Giacomo) dice la sua, come sempre in chiave ironica, Paolo Dall’Oglio e Stefano Bittasi raccontano gli echi dell’elezione di papa Bergoglio nel mondo islamico e in Israele, il direttore Stefano Femminis nell’editoriale riflette sulla “Chiesa delle beatitudini” annunciata da Francesco con i suoi primi gesti, gli esperti di social media della società Oogo ricostruiscono le reazioni della rete alla notizia dell’Habemus Papam.
Infine La Civiltà Cattolica del 27 marzo, oltre all’editoriale e al racconto della successione da Benedetto XVI a Francesco, dedica un lungo articolo al ministero petrino, a firma di Gianfranco Ghirlanda. L’articolo considera l’ufficio (munus) e la potestà primaziale del Romano Pontefice, secondo i Concili Vaticano I e Vaticano II e alcuni documenti ecclesiastici più recenti. L’ufficio del Romano Pontefice deve essere sempre considerato all’interno della Chiesa e del collegio episcopale, e quindi sempre in una stretta relazione con la Chiesa e i vescovi, presi nel loro insieme come collegio; è un ministero, perché, essendo lo strumento attraverso il quale Cristo per azione dello Spirito mantiene uno e indiviso il collegio dei vescovi, garantisce l’unità di tutto il popolo di Dio nell’unica fede apostolica e nei sacramenti. Viene anche ribadito che la relazione tra i vescovi e il Romano Pontefice deve essere regolata dal principio di comunione, e si ricorda il Documento di Ravenna del 2007, che pone la reciproca interdipendenza tra primato e conciliarità al livello locale, regionale e universale, per cui «il primato deve essere sempre considerato nel contesto della conciliarità e, analogamente, la conciliarità nel contesto del primato»

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