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Albania. La beatificazione dei martiri gesuiti

Il 5 novembre vengono beatificati a Scutari 38 martiri uccisi tra il 1945 e il 1973. Tra questi anche tre gesuiti, l’italiano p. Giovanni Fausti SJ e gli albanesi p. Daniel Dajani SJ e fr. Gjon Pantalija SJ.

Nella memoria liturgica di tutti i santi e beati d’Albania, il 5 novembre, verranno beatificati a Scutari 38 martiri uccisi tra il 1945 ed il 1973 dal regime comunista ateo del dittatore Enver Hoxha. La liturgia sarà presieduta dal cardinale  Angelo Amato, prefetto della Congregazione dei santi. Si tratta di due vescovi, 21 sacerdoti diocesani, 10 religiosi, un seminarista, 3 laici e una giovane aspirante suora stigmatina. Da notare la presenza anche di tre stranieri, un italiano, un tedesco e un polacco. Tra questi 38 martiri troviamo anche tre gesuiti, l’italiano p. Giovanni Fausti SJ (1899-1946), bresciano, amico di Giovan Battista Montini e zio del p. Silvano, e gli albanesi p. Daniel Dajani SJ (1906-1946) e fr. Gjon Pantalija SJ (1887-1947), i primi due fucilati la mattina del 4 marzo 1946 insieme a un seminarista, un francescano e due laici. E questo dopo essere stati imprigionati, torturati e aver subito un pubblico processo farsa. Il terzo verrà arrestato nell’ottobre di quell’anno e morirà il 31 ottobre del 1947, a causa delle selvagge e disumane torture subite in carcere.

Il p. Fausti è una figura che spicca anzitutto per il suo valore spirituale, emerso con forza dalla dignità con cui ha saputo affrontare l’ultimo, drammatico tratto della sua esistenza terrena. Egli si è ugualmente distinto per il pionieristico apostolato svolto con i musulmani, che aveva imparato a conoscere proprio in Albania. Un apostolato che lo spingerà a studiare, fino a scrivere alcuni articoli sull’Islam che papa Pio XI aveva chiesto a La Civiltà Cattolica agli inizi degli anni ‘30. Tornato in Italia, sulla scia di Louis Massignon fondò a Gallarate gruppi di preghiera in favore dei musulmani e giunse fino a coltivare il desiderio di dare la sua vita proprio per loro. Desiderio che il Signore esaudì dopo che Fausti venne nuovamente inviato in Albania nel 1943, quando divenne pure vice Provinciale.

P. Dajani ha invece un profilo umanamente più ordinario, nel senso che ha svolto con fedeltà quotidiana i diversi incarichi affidatigli, tra i quali l’evangelizzazione delle montagne, detta “Missione volante”. L’ultima missione fu il superiorato della comunità di Scutari e il rettorato del Seminario. In questa veste dette la sua estrema testimonianza di fedeltà a Cristo ed alla Chiesa, affrontando con coraggio e profondità spirituale il suo calvario insieme al p. Fausti e a ad alcuni dei suoi seminaristi, uno dei quali verrà fucilato con loro.

Il fr. Pantaljia, originario del Kosovo e secondo cugino di S. Teresa di Calcutta per parte di madre, visse buona parte della sua vita consacrata al servizio del Seminario di Scutari, di cui divenne il competente tuttofare, per questo molto noto e stimato in città. Pur essendogli stato proposto il sacerdozio, scelse di essere fratello coadiutore, stimando questo ruolo più adatto per un servizio umile e nascosto a Cristo, con un forte accento mariano. Di lui ci rimangono solo due fotografie. Dato il suo innato talento musicale e artistico, giocò comunque un importante ruolo educativo anche nel Collegio saveriano. Dopo la chiusura del Seminario, volendo continuare a vivere da religioso, chiese e ottenne di essere ospitato dalla comunità francescana di Scutari, dove gli venne affidato l’economato e dove venne infine arrestato, condividendo una buona parte della sua terribile prigionia con un giovane diacono francescano.

Non possiamo non rilevare la provvidenziale coincidenza temporale tra l’inizio della persecuzione comunista in Albania e la particolare chiamata ricevuta da Madre Teresa in India il 10 settembre 1946, così come il fatto che la sua canonizzazione abbia preceduto di poco la beatificazione di questi martiri. Quasi a significare che tutti sono stati chiamati a condividere il mistero della notte della fede del XX secolo, l’una in India, al servizio dei più abbandonati da tutti, gli altri dando la vita per illuminare la lunga notte del comunismo ateo albanese. Ed è significativo rilevare infine che secondo le testimonianze raccolte, proprio la notte precedente la loro esecuzione capitale, si sentivano canti e preghiere nella cella in cui si trovavano p. Fausti e i suoi compagni, che si erano nel frattempo già confessati gli uni gli altri. E da quella cella sono usciti ancora nelle tenebre, trasportati al luogo del loro martirio cantando le litanie della Madonna. Le loro ultime parole sono state il perdono per i loro assassini.

p. Mario Imperatori SJ

Alla vigilia della beatificazione Vatican Insider ha dedicato un ampio articolo alla scuola dei gesuiti di Scutari. “Albania, così sant’Ignazio unisce cristiani e musulmani. Storie di convivenza tra credenti in Cristo e islamici. Viaggio a Scutari, dove sorge il liceo dei gesuiti. La pedagogia ignaziana, l’entusiasmo degli studenti, il ruolo di papa Francesco, la beatificazione di 38 martiri nelle parole di padre Ronny Alessio e di Alda Laska e Dorela Smajli”

Anche il settimanale Credere scrive di “Padre Giovanni Fausti. Il martire del dialogo in Albania”

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