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Africa, il racconto dei volontari del Magis

Nei campi di lavoro – #particonnoi – i volontari hanno preso contatto con la realtà locale e hanno lavorato con i bambini delle elementari e della scuola materna con momenti di animazione e ripetizioni nelle materie scientifiche

Sono stati proiettati in una dimensione diversa. E ne sono stati completamente assorbiti. I volontari sono stati trasformati dall’esperienza del campo estivo in Togo e in Tanzania insieme al Magis (#particonnoi). «L’Africa che abbiamo conosciuto” osserva Andrea, studente in ingegneria, che ha vissuto l’esperienza in Tanzania, “ci ha trasmesso un approccio alla vita più sereno e più umano. Ci ha fatto capire quanto le nostre vite siano avvelenate dalle pressioni che viviamo quotidianamente. Noi vogliamo controllare ogni aspetto del nostro essere. E quando qualcosa ci sfugge ci sembra che il mondo ci crolli addosso. Loro hanno un approccio più naturale e accettano la vulnerabilità umana come un qualcosa di quotidiano. Una lezione importante per noi».

Un’impressione condivisa da Nadia, farmacista, moglie di GianLuigi, anche loro andati in Tanzania: «Dall’esperienza in Africa abbiamo ricevuto molto. Io e mio marito siamo rimasti colpiti dalla sincerità d’animo e dalla semplicità della gente. Ne siamo stati contagiati. Una volta rientrati, gli amici ci dicevano che vedevano in noi persone diverse. Più serene. Più calme. Più riflessive». I tre volontari hanno preso contatto con la realtà locale, ma soprattutto si sono mescolati a essa. Hanno lavorato con i bambini delle elementari e della scuola materna con momenti di animazione e ripetizioni nelle materie scientifiche.

Il gruppo in Togo ha vissuto un’esperienza insieme ai gesuiti a Lomé e poi insieme a una comunità di suore nell’entroterra. «Perché sono tornato in Italia? Continuo a chiedermelo” osserva Nino. “Sono tornato per la seconda volta e ho ritrovare volti cari. È stato come ritornare in una seconda casa che non sapevo di avere. Se fosse per me ripartirei subito per il Togo. Ma, per il momento, è un desiderio…».

«Il nostro”, continua Maria Grazia, “non è stato un viaggio turistico, ma un calarsi dentro una dimensione del tutto particolare come quella africana. Anche le escursioni che abbiamo fatto sono state toccanti. Abbiamo vissuto insieme ai togolesi, come i togolesi». Ripeterà l’esperienza? «Non lo so ancora, spero proprio di sì. Mi piacerebbe tornare nella comunità di suore che abbiamo visitato e lavorare insieme a loro per aiutare i bambini. Quella realtà mi ha aperto il cuore perché si vivono situazioni che toccano il profondo».

«Siamo rimaste affascinate dall’atmosfera che abbiamo trovato in Togo”, osservano Cecilia ed Egle. “Gli odori, i colori, i rumori ci hanno catturate e non siamo più riuscite a staccarcene». A distanza di qualche settimana dal rientro, Egle ha ancora nostalgia dell’Africa che ha conosciuto. «È difficile staccarsi da un’esperienza così bella. La cosa che più mi ha colpito? La gioia delle persone. Non hanno nulla, ma sono grati per quel poco che hanno. In Togo mi sono sentita subito a casa. Ci tornerò di sicuro. Non per un appagamento personale, ma perché voglio rivivere quel clima di condivisione che ho sperimentato nel mio viaggio. Io sono maestra e mi piacerebbe lavorare con i bambini africani. L’educazione è l’arma più efficace per aiutarli».

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