Passa al contenuto principale
Gesuiti
Gesuiti in Italia, Albania, Malta e Romania
News
Gesuiti News Missioni Africa. I progetti del Magis contro Ebola e Aids
Missioni

Africa. I progetti del Magis contro Ebola e Aids

Negli ultimi anni, l’Africa ha vissuto due emergenze sanitarie. La prima, che a dire la verità si trascina da quasi un ventennio, è quella legata alla diffusione dell’Hiv-Aids. La seconda, scoppiata nel 2013, è quella dell’ebola. In entrambi i casi i gesuiti hanno varato progetti per sostenere la popolazione colpita e cercare di offrire un contributo per fermare la diffusione dei virus. E il Magis, la Ong dei gesuiti italiani, era ed è al loro fianco.

Ebola
Poco dopo la scoppio dell’epidemia di ebola in Guinea, il Magis, insieme a Ocph/Caritas Guinea, si è impegnato nella lotta al virus ebola nelle prefetture di N’Zérékoré, Yomou, Lola e Macenta (oltre 73.000 abitanti), villaggi al confine con la Liberia.
Il progetto ha dato vita a una campagna di sensibilizzazione «porta a porta» (consegnando alle persone opuscoli informativi, sapone e bottiglie di cloro) e attraverso le reti di media e di comunicazione. Cartelli sul virus sono stati installati agli incroci e nei villaggi. Attraverso tale progetto oltre diecimila famiglie sono state correttamente sensibilizzate, formate e informate sulle conseguenze della febbre emorragica e, oltre ai kit igienici, in dodici centri abitati sono stati installati lavabi da utilizzare per il lavaggio delle mani (uno dei veicoli principali di trasmissione del virus).
A fine marzo, l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato conclusa l’epidemia (che in poco più di due anni ha contagiato 28.639 persone e ha causato 11.316 morti). Nonostante ciò i gesuiti hanno ritenuto che la battaglia contro il virus non dovessere terminare. «Con la diffusione di ebola in Africa occidentale – spiegano i responsabili di Ajan (African Jesuit Aids Network) – l’ignoranza, il sospetto, la paura irragionevole, le credenze culturali, religiose e tradizionali si sono impossessati della popolazione e hanno influenzato il modo in cui è stata affrontata la malattia. C’è stata gente che ha creduto che ebola fosse una bufala. Molte famiglie hanno fatto dimettere i parenti ammalati dagli ospedali, negando loro la possibilità di essere curati. Altre persone hanno incolpato gli operatori sanitari di essere i veri colpevoli della diffusione del virus. Si sono registrati attacchi ai centri sanitari e al personale. In Liberia, per esempio, i giovani hanno attaccato e distrutto un centro di cura e trattamento. Alcune comunità rurali hanno rifiutato le misure di contenimento proposte dalle Ong internazionali e dalle autorità centrali. Per esempio, in Guinea gli abitanti si sono rifiutati di accogliere operatori sanitari che erano stati inviati per aiutare i malati».
Per questo motivo, Ajan ha deciso di mettere in campo un progetto per educare le comunità locali ed evitare così che false credenze e l’ignoranza possano ostacolare interventi efficaci. Sfruttando l’esperienza maturata in questi anni sul fronte dell’Aids, Ajan ha deciso di creare un comitato per studiare quali possano essere i migliori contenuti culturali (informazione, educazione e comunicazione) da veicolare e attraverso quali strumenti diffonderli. Successivamente produrrà materiale che sia graficamente attraente e culturalmente contestualizzato, per poi diffonderlo nei singoli Paesi.
«È un lavoro sul piano culturale che può sembrare meno efficace nel contrastare il virus – spiegano i responsabili di Ajan – ma è fondamentale se vogliamo creare un ambiente in cui la risposta a un’epidemia sia veloce ed efficace. Avere a disposizione volantini, libri, manifesti che insegnino alla popolazione che cos’è il virus, come si trasmette, come si evita e come ci si deve comportare di fronte a esso è un passo avanti verso una maggiore coscienza dei cittadini. Il nostro materiale verrà diffuso nelle parrocchie, nei centri giovanili, nella cliniche, nelle scuole e attraverso i programmi sanitari delle singole diocesi».

Aids

Se dal 2013, l’attenzione delle organizzazioni internazionali che operano in campo sanitario e dei media si sono concentrate principalmente sull’emergenza ebola, la pandemia di Aids non si è arrestata. L’Hiv è un nemico silenzioso che continua a colpire il continente. A confermarlo sono le statistiche fornite da Unaids (l’agenzia Onu che si occupa della pandemia). A livello mondiale, all’inizio del 2015 (ultimi dati disponibili), 37 milioni di persone vivevano con il virus. La maggior parte di esse, 25,8 milioni di persone, il 70% del totale, viveva in Africa. La dinamica dell’epidemia è inoltre in crescita malati considerato che nel 2014 si sono registrate 1,4 milioni nuove infezioni.
In questo contesto, oltre all’impegno di Ajan (African Jesuit Aids Network) per diffondere best practices e sostenere le persone malate, si stanno sviluppando sul territorio programmi ad hoc. Tra questi progetti, va annoverato quello del Centro Sociale Arrupe in Madagascar (sostenuto dal Magis). Questo centro, nato per diffondere misure di prevenzione dell’Hiv e rendere più semplice l’accesso alle cure, si è impegnato in un’azione di stabilizzazione della diffusione dell’’Aids. Le successive crisi politiche vissute dall’Isola Rossa hanno infatti portato le autorità a trascurare i problemi sanitari e, nello specifico, quelli legati al virus. Ciò ha fatto sì che l’epidemia riprendesse e colpisse soprattutto le popolazioni più povere ed emarginate. Oggi le persone infettate sono circa 40mila e ogni anno muoiono a causa del virus circa tremila persone. Il centro ha così deciso di sostenere la struttura sanitaria di Andranovelona. Creata anni fa in un’area in cui sono presenti i gesuiti, non solo si occupa delle cure mediche ai malati, ma è il punto di riferimento del progetto «azione cristiana per la lotta all’Aids» per le 26 parrocchie della zona. In questa struttura, in collaborazione con l’associazione dei medici cattolici, verranno effettuati screening non solo per i malati di Hiv, ma anche per coloro che soffrono di patologie veneree. E, in particolare sulle persone più vulnerabili: donne incinte, tubercolotici, giovani, poveri, ecc.

Ultime notizie
Esplora tutte le news