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Giornata rifugiato: “In ognuno la traccia di ognuno”

In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato 2020, il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, la filosofa Donatella Di Cesare e Bianca Berlinguer, hanno partecipato al colloquio sulle migrazioni “In ognuno la traccia di ognuno. Con i rifugiati per una nuova cultura dell’accoglienza e della solidarietà” organizzato dal Centro Astalli. In apertura i saluti istituzionali di Luciana Lamorgese, ministra dell’Interno, e Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede.


«“In ognuno la traccia di ognuno”, scriveva Primo Levi: abbiamo scelto queste parole come titolo per il nostro colloquio sulle migrazioni perché su quella barca – in cui papa Francesco ricorda che ci siamo tutti – sappiamo bene che non siamo tutti uguali e che i comportamenti di ciascuno condizionano la vita degli altri. Lavorare per la giustizia sociale e l’inclusione dei rifugiati è il modo con cui vogliamo bilanciare pesi e spazi sulla nostra barca comune»: così padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, ha introdotto il colloquio sulle migrazioni “In ognuno la traccia di ognuno”, trasmesso in diretta il 17 giugno sul sito Vaticannews.va. «In questi mesi di pandemia abbiamo percepito in modo chiaro che siamo parte di una casa comune, siamo interconnessi più di quanto pensavamo, ma non possiamo accettare di esserlo solo in termini negativi». Al colloquio, in preparazione alla Giornata mondiale del Rifugiato (20 giugno) hanno partecipato il cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna, la filosofa Donatella Di Cesare e Bianca Berlinguer, e hanno portato un saluto Luciana Lamorgese, ministra degli Interni, e Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero vaticano per la Comunicazione.

La storia di Moussa

Prima degli interventi, come è nello stile di Astalli, la parola è stata data ai rifugiati. È stata la storia di Moussa, dal Mali, che è arrivato in Italia attraversando Algeria e Libia ad aprire i lavori. «La mia vita andava bene: poi un colpo di Stato e sono stato portato in un campo militare e torturato». La storia del giovane, ha detto nel suo saluto Paolo Ruffini, dovrebbe far sempre più prevalere la parola “benevenuto” sulla parola “diffidenza”. «Eppure oggi dare il benvenuto e dare fiducia è diventato raro e difficile perché la società crede che la diffidenza sia la chiave, mentre accogliere dovrebbe essere la regola». Scegliamo, ha concluso, sulla scorta degli esempi biblici e del dettato evangelico, una identità che «non tradisca la nostra storia, la nostra fratellanza» e «la bellezza di trovare rifugio gli uni negli altri».

Rivedere il regolamento di Dublino

«Riforma del regolamento di Dublino, regole diverse per una più equa ripartizione degli oneri tra gli Stati membri dell’Unione europea e migliori strumenti di tutela dei richiedenti asilo e rifugiati»: sono le linee guida contenute in un documento di intenti redatto dai ministri degli Interni di Italia, Cipro, Malta, Grecia e Spagna da sottoporre all’attenzione dell’Unione europea, secondo quanto riferito da Lamorgese nel messaggio audio. «Il principio cardine delle politiche europee dovrebbe essere la solidarietà, l’equa ripartizione delle responsabilità, la tutela della vita dei migranti e la promozione dei diritti umani, che sono di primaria responsabilità dell’Ue e degli Stati membri nel loro insieme e non solo dei Paesi frontalieri che affacciano sul Mediterraneo», ha detto Lamorgese. «Il percorso di integrazione va oltre l’accoglienza e consiste nell’accompagnare i titolari di protezione verso una piena autonomia personale, con specifica attenzione alle donne rifugiate, alle vittime di tratta e ai minori stranieri non accompagnati».

Dalla diffidenza all’opportunità

«Dobbiamo rendere la pandemia una grande opportunità per prenderci la responsabilità gli uni verso gli altri. L’isolamento è stato utile per evitare il propagarsi del virus ma oggi ci serve per capire come vogliamo stare insieme»: così il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, nel suo intervento. «La ci ha fatto capire che era una presunzione pensare di poter vivere sani in un mondo malato. Ora dobbiamo affrontare la grande sfida di trasformare le difficoltà, di rovesciare cioè la diffidenza in responsabilità, per avere attenzione gli uni verso gli altri». Spingere nella regolarizzazione, rivedere il regolamento di Dublino, dare risposte intelligenti, come i corridoi umanitari…Se c’è una politica intelligente ed europea probabilmente saranno vinte le paure».

Il neonato Centro Astalli di Bologna

E proprio a Bologna, hanno annunciato Zuppi e Ripamonti, l’8 giugno è nato una nuova sede del Centro Astalli. La presidente è Gabriella Santoro. «Circa 40 volontari, uniti dalla comune radice della spiritualità ignaziana, hanno messo a disposizione esperienze spirituali, umane e professionali, molto diverse tra loro, con l’intento di rispondere, secondo la specificità del territorio, a quell’iniziale richiamo di Padre Pedro Arrupe: accompagnare, difendere e servire i rifugiati, e in migranti più in generale». Dopo circa due anni, dal confronto con la Rete dei Centri Astalli in Italia, con la diocesi e con le altre realtà del Terzo settore operanti sul territorio, è nata questa nuova realtà che adesso muove i primi passi.

Il sovranismo e la necessità di un nuovo linguaggio

«Questo virus dimostra che le politiche sovraniste sono grottesche ma sappiamo che non sono terminate. Questa era della diffidenza e del sospetto è preoccupante. Bisogna lavorare per una politica dell’ospitalità e capire che abbiamo bisogno degli altri», ha dichiarato nel suo intervento Donatella Di Cesare, filosofa e docente di Filosofia teoretica all’Università “La Sapienza” di Roma. «Viviamo una guerra degli Stati nazione contro i rifugiati e i migranti e come cittadini, volenti o nolenti, siamo complici, anestetizzati alla presenza degli ‘scarti’, quelli che possono essere abbandonati alle periferie». Pensare la cittadinanza come possesso e proprietà, ha detto la filosofa, «all’idea che essere cittadini significhi essere comproprietari del territorio nazionale e quindi avere il diritto di escludere e discriminare gli altri» è un errore fondamentale che sempre più si va radicando nelle in “democrazia etnocentriche”. «Abbiamo bisogno di pensare ad una nuova comunità e di elaborare un nuovo linguaggio».

Celebrare e chiedere giustizia

«Innescare processi di rinascita sociale implica che i rifugiati non siano più solo vittime e testimoni di un sistema imposto da altri in cui denaro, prevaricazioni e guerra determinano scelte e condizionano la vita di milioni di persone. Celebrare la Giornata mondiale del rifugiato 2020 per il Centro Astalli», ha detto Ripamonti vuol dire non smettere di chiedere giustizia e camminare al fianco dei rifugiati ogni giorno lasciandosi contagiare dalla loro speranza e dal loro coraggio».
Per fare memoria dei migranti che hanno perso la vita nei viaggi verso l’Europa, giovedì 18 giugno alle ore 18.30 la preghiera ecumenica Morire di Speranza, presieduta da  monsignor Stefano Russo, Segretario generale della Cei, a Santa Maria in Trastevere a Roma, promossa da diverse organizzazioni cristiane tra cui il Centro Astalli.

 

Qui il rapporto annuale del centro Astalli con i numeri del 2019

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