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Stati Uniti. Morto padre Daniel J. Berrigan, il gesuita che si ribellò alla guerra

Riportiamo l’articolo dell’Osservatore Romano che ricorda il prete pacifista e “ribelle” che manifestò contro la guerra degli Stati Uniti in Vietnam e successivamente contro ogni altra forma di violenza

Il «prete che predicò il pacifismo». Così «The New York Times» ricorda la figura del gesuita Daniel J. Berrigan, morto il 30 aprile a quasi 95 anni. Poeta e drammaturgo — per questa sua attività ricevette anche importanti riconoscimenti — padre Berrigan ha avuto soprattutto grande notorietà tra gli anni Sessanta e Ottanta dello scorso secolo per le sue coraggiose, ferme e talvolta anche clamorose proteste contro la guerra degli Stati Uniti in Vietnam e successivamente contro ogni altra forma di violenza. Tanto che il settimanale «Time» nel 1971 dedicò a lui e al fratello Philip — anch’egli sacerdote e protagonista di azioni di protesta contro la guerra — una delle sue celebri copertine definendolo come un «prete ribelle».

In effetti, molte delle sue azioni di «disobbedienza civile» furono davvero poco usuali, soprattutto per lo spirito dell’epoca. Grande clamore suscitò in particolare una sua operazione nel pieno della campagna contro la guerra in Vietnam. Era il 17 maggio 1968 e il gesuita, assieme al fratello e altri sette pacifisti, raggiunse il Centro per il reclutamento di Catonsville, presso Baltimora, riuscendo a distruggere i documenti per la chiamata alle armi dei soldati. Un’azione che lo costrinse a vivere in clandestinità (il suo nome figurava tra i dieci latitanti più ricercati del Paese) e poi a subire un processo e a scontare due anni di carcere. «Manifestazioni così plateali contro la guerra e di critica radicale all’imperialismo americano — aveva scritto Francesco Pistocchini sul numero dell’ottobre 2009 della rivista dei gesuiti “Popoli” — possono creare problemi ai superiori, ma il padre generale della Compagnia, Pedro Arrupe, che conosce gli effetti della bomba atomica per avere vissuto a Hiroshima, gli fa visita nel carcere federale di Danbury». Anche perché, come commenterà padre Berrigan, quarant’anni dopo quei fatti, «il bene va fatto in quanto bene, non perché porta da qualche parte. Non sono mai stato molto interessato alle conseguenze, ma a cercare di fare il bene in modo umano e non violento». Del resto quella compiuta al Centro per il reclutamento di Catonsville non fu certamente un’azione isolata. Diversi anni più tardi, nel 1980, sempre insieme con il fratello e ad altri pacifisti con i quali aveva fondato il Plowshares Movement (Movimento delle reti dell’aratro), fu protagonista, in Pennsylvania, di una spedizione all’interno di una fabbrica di testate missilistiche. Sui documenti e sull’archivio dell’industria bellica gli attivisti versarono inchiostro rosso a simboleggiare il sangue delle vittime innocenti, quasi sempre civili, di tutte le guerre.

Entrato nella Compagnia di Gesù nel 1939 e intrapreso un percorso di studi biblici, già negli anni Cinquanta padre Berrigan iniziò una profonda riflessione sulla guerra, ispirato in questo anche dall’esempio della connazionale Dorothy Day — di cui è in corso il processo di canonizzazione — dedicandosi all’impegno attivo per la pace e la giustizia aderendo al movimento per i diritti civili. In tale prospettiva anche la poesia e il teatro divennero formidabili strumenti per trasmettere la radicale novità del Vangelo. La raccolta di versi Time Without Number (1957) ricevette il prestigioso Lamont Poetry Prize, mentre l’incontro e l’amicizia con padre Thomas Merton, saggista e poeta anch’egli, contribuirono ad approfondire il valore di questa esperienza.

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