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Spagna. Padre Renato Colizzi: «La Rete è la nostra nuova frontiera»

Renato Colizzi, gesuita, membro del consiglio di amministrazione del Magis, ha partecipato all’incontro #Networking4Justice che si è tenuto la scorsa settimana a Loyola (Spagna). Da lui ci siamo fatti spiegare il senso di questa iniziativa e le ricadute sull’azione del Magis.

Perché è stato convocato questo incontro?
L’incontro è stato convocato per dare una panoramica delle sfide apostoliche che la Compagnia di Gesù sta affrontando e per individuare le modalità con le quali ad esse si può rispondere. Le sfide apostoliche, portate sul tavolo dai delegati per l’Apostolato sociale delle Conferenze dei provinciali, sono tre: migranti e rifugiati; ecologia e risorse naturali; educazione di qualità per tutti. Da queste sfide è poi nato un interrogativo: le nostre organizzazioni si stanno allineando su questi orizzonti?

Di fronte a queste sfide come opera la Compagnia di Gesù?
La modalità di intervento è il lavoro in rete. Nella Compagnia di Gesù operano piccole, medie e grandi organizzazioni. La Rete Xavier, della quale il Magis fa parte, è composta da piccole e medie associazioni che ereditano la tradizione delle Procure delle missioni. Ma la Rete Xavier stessa è diventata una struttura che ha un grande impatto proprio come Rete, dialogando con altre grandi realtà della Compagnia di Gesù, come il Jesuits refugee service, Fé y Alegria, ma anche con Reti più piccole che stanno nascendo in questi anni.

Nel lavoro in Rete non conta quindi più la dimensione della singola organizzazione…
La dimensione non conta più. È invece importante sapere quanto la singola organizzazione è in linea con l’orizzonte che la Compagnia di Gesù sta disegnando (anche in vista della Congregazione generale programmata per il 2016).

Quante persone erano presenti a Loyola e chi rappresentavano?
Erano presenti una cinquantina di persone. Tra queste alcuni profili che definirei «istituzionali» come, per esempio, i delegati dell’Apostolato sociale delle Conferenze provinciali. Figure della Compagnia che montorano periodicamente le attività sociali in tutte le Province gesuitiche e sovraintendono eventuali progetti interprovinciali. A Loyola parlavano a nome della Compagnia. Poi c’erano altri partecipanti che rappresentavano le singole organizzazioni, legate alla Rete ignaziana, che lavorano sul territorio. Le loro testimonianze hanno cercato di far emergere la voce delle comunità che sono toccate dai problemi dell’emigrazione, della scarsità di educazione di qualità, di devastazioni ecologiche.

In questo contesto come si pone la Rete Xavier?
La Rete Xavier si pone all’ascolto di queste esigenze istituzionali e di quelle che provengono dal terreno e verifica se la sua risposta è bene indirizzata e quale revisione della sua mission deve essere messa in campo  per essere al passo con la nuova modalità di fare Rete. Fare Rete è un modo diverso di essere «universali» cioè di integrare risposte diverse per la soluzione di un problema comune.

E il Magis?
Innanzi tutto c’è la presa di coscienza del lavoro fatto in questi ultimi due-tre anni, periodo nel quale abbiamo lavorato, con nuove modalità, insieme alla Rete Xavier, cercando di allinearci alle priorità della Compagnia. Filippine, Nepal, Sud Sudan: sono progetti pilota che ci hanno proiettato in queste nuova dimensione. Sono emergenze che hanno scoperchiato sacche di esclusione sociale. Quindi abbiamo cercato di intervenire non solo per sostenere le popolazioni nel post tragedia, ma anche per dar vita a nuove modalità di ricostruzione in modo da evitare questa esclusione.
Partendo da questo contesto, il Magis ha compreso che ormai è necessario lavorare sempre più come l’anello di una Rete. Che siano i problemi legati alle risorse minerarie o quelli legati all’educazione o alle migrazioni dobbiamo pensare ai nostri progetti dando importanza all’attore locale, ma anche riuscendo a lavorare in un ambiente più ampio. Nelle Filippine, per esempio, abbiamo raccolto molti fondi dopo il tifone Yolanda e lo abbiamo fatto insieme ad altre realtà come un corpo apostolico unico. E adesso stiamo cercando di lavorare insieme per impiegare nel modo migliore questi fondi in modo da sanare diseguaglianze e ingiustizie sociali. In futuro quindi dovremo sempre più pensare a progetti portati avanti con diversi attori legati tra loro nell’ambito di una tematica trasversale. I nostri donatori quindi non si rapporteranno più a una organizzazione impegnata su singoli microprogetti, ma con una Ong che lavora a iniziative sul campo organizzate in Rete e su temi trasversali. Una vera rivoluzione per il nostro modo di cooperare.

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