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Roma. Rifugiati: i progetti del Magis con il Jrs

Il Magis partecipa a tre progetti del Jrs, nell’ambito della campagna Mercy in Motion, in Afghanistan, Repubblica centrafricana e Sud Sudan

L’educazione è la chiave per garantire ai rifugiati e ai profughi un futuro migliore. È grazie all’istruzione che migliaia di persone possono fuggire da una condizione che li vede relegati in anonimi e spersonalizzanti campi di accoglienza, messi ai margini dai Paesi che li ospitano, discriminati. I gesuiti lavorano proprio su questo fronte. Lasciati alle Ong specializzate gli interventi di emergenza, la Compagnia di Gesù si sta dedicando alla promozione di un’educazione di qualità a chi è stato costretto a fuggire dalla propria casa e dalla propria nazione per mettersi al riparo da guerre, violenze e calamità naturali. Un impegno iniziato anni fa e che quest’anno, in occasione del Giubileo della Misericordia, ha ulteriormente potenziato. A dicembre, infatti, il Jesuit Refugee Service (l’organizzazione della Compagnia che si occupa di rifugiati e sfollati) ha lanciato Mercy in Motion, una campagna che ha come obiettivo garantire un’educazione a centomila ragazzi entro il 2020. Un iniziativa alla quale collabora anche il Magis.

Un fenomeno globale
Sono 60 milioni i profughi e i rifugiati nel mondo. Una popolazione pari a quella dell’Italia. Secondo le statistiche fornite dall’Acnur (agenzia Onu per i rifugiati), dei 60 milioni, 19,5 si sono rifugiati all’estero (il 53% proviene da soli tre Paesi: Somalia, Afghanistan e Siria.), gli altri si sono spostati in altre regioni del loro stesso Paese. In entrambi i casi si tratta di una tragedia che coinvolge soprattutto giovani: il 51% di chi è costretto a fuggire ha meno di 18 anni.
«Chi li ospita – osservano i responsabili del Jesuit Refugee Service – è tenuto non soltanto a procurare loro un posto sicuro in cui stare, ma a fornire opportunità di crescita affinché possano a loro volta contribuire alla società. Dare protezione vuol dire riparare da ogni male, che si tratti di povertà, di isolamento sociale, sfruttamento, pregiudizio, abbandono».
L’accoglienza però spaventa. L’arrivo dei rifugiati trasforma le comunità. E questo cambiamento è temuto. In occasione della giornata mondiale del rifugiato che si celebra il 20 giugno, i responsabili dell’Onu si sono detti preoccupati per il «clima di xenofobia» che sta prendendo sempre più piede in Europa e impedisce una buona accoglienza degli immigrati. Eppure, cambiamento non è sinonimo di salto nell’ignoto; significa scegliere come dare un senso costruttivo e nuova forma alle nostre società attraverso un positivo incontro con i nostri vicini.
«Dobbiamo reinventare il nostro modo di stare insieme – ha detto Thomas H. Smolich, gesuita, direttore internazionale del Jrs -. Dobbiamo dimostrare misericordia e accettarci l’uno con l’altro; e ciò in un atto reciproco e concreto di misericordia. Aprire le porte non basta: dobbiamo aprire noi stessi, le nostre menti, in modo da liberare il nostro potenziale in quanto società».

Tre fronti
In questo contesto il Magis partecipa a tre progetti del Jrs, nell’ambito della campagna Mercy in Motion, in Afghanistan, Repubblica centrafricana e Sud Sudan.
In Sud Sudan, nel campo di Maban (che ospita 131mila rifugiati provenienti dal Sudan e 15mila profughi del Sud Sudan), la Fondazione dei gesutii italiani sostiene corsi di inglese a vari livelli, workshop di formazione per giovani per la crescita e lo sviluppo di abilità individuali e incontri su tematiche di rilevanza sociale (come l’abuso di alcol e sostanze stupefacenti).
In Afghanistan, Paese devastato da 37 anni di guerra e instabilità, il Magis sostiene invece un progetto del Jrs che permette a gruppi di studenti afghani di frequentare un anno di corsi al Christian Brothers’ College in India.
Infine, a maggio, il Magis ha approvato il sostegno a due progetti del Jrs nella Repubblica centrafricana: uno a Bambari, volto ad assicurare l’accesso all’educazione nella prima infanzia ai bambini rifugiati, la formazione agli insegnanti e ai disoccupati, il dialogo interreligioso; un altro a Bangui, per sostenere l’attività prescolare di 240 bambini cristiani e musulmani, la formazione di uomini e donne adulte e seminari sulla risoluzione pacifica dei conflitti.
«Troppe volte non vi abbiamo accolti – ha detto papa Francesco –. Perdonate la chiusura e l’indifferenza delle nostre società che temono il cambiamento di vita e mentalità che la vostra presenza richiede».

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