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Roma. Gli occhi e la parola: in un libro le omelie del cardinal Bergoglio

“Nei tuoi occhi è la mia parola”. E’ il titolo del volume, curato da padre Antonio Spadaro, direttore de  “La Civiltà Cattolica”, che raccoglie le omelie e i discorsi dell’arcivescovo Jorge Mario Bergoglio pronunciati a Buenos Aires dal 1999 al 2013, quindi fino all’elezione al soglio pontificio. Il testo, edito da Rizzoli, è preceduto da una lunga conversazione tra Francesco e Spadaro e da un’introduzione in cui il curatore aiuta a capire i filoni tematici che collegano i 200 testi riportati cronologicamente. Il volume è stato presentato oggi, a Roma, presso la Curia Generalizia della Compagnia di Gesù da padre Federico Lombardi che ha introdotto il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, l’arcivescovo di Chicago e futuro cardinale, Blase Joseph Cupich, e padre Arturo Sosa, il neoletto generale della Compagnia di Gesù.

“Tra il predicatore e il popolo non ci deve essere in mezzo niente. Non può esserci una carta. Se si legge, non si può guardare la gente negli occhi”. E’ da questo brano, tratto dal colloquio tra papa Francesco e padre Spadaro,  che deriva il titolo del volume, nato anche come omaggio per i prossimi 80 di Francesco. “Tante volte esco dal testo scritto, aggiungendo parole ed espressioni che non sono scritte. In questo modo guardo la gente”, dice Francesco.

“Lo sappiamo, spesso papa Francesco esce dal testo che ha preparato per poter rivolgere una parola che in quel momento nasce nel suo pensiero, nel suo cuore”, spiega padre Spadaro.

«Quanto più sei vicino alla gente più predichi meglio o più avvicini la Parola di Dio alla loro vita. Così si collega la Parola di Dio con un’esperienza umana che ha bisogno di quella Parola. Quanto più di allontani dalla gente e dai problemi della gente, tanto più ti rifugi in una teologia inquadrata del “si deve e non si deve”, che non comunica nulla, che è vuota, astratta, persa nel nulla, nei pensieri… A volte con le nostre parole rispondiamo a domande che nessuno pone», scrive Bergoglio.

E a questo proposito il cardinale Parolin sottolinea un passaggio del testo in cui si afferma  che l’omelia è sempre “politica”, perché si fa nella polis, in mezzo a un popolo.”Sono rimasto colpito perché in questi scritti in nuce c’è tutto papa Bergoglio, perché i temi che lui sta sviluppando e proponendo alla Chiesa erano già presenti nel periodo del suo episcopato a Buenos Aires. Naturalmente adesso sono articolati a livello della Chiesa universale, però di fatto c’è già un po’ tutto lì”.

“Ho trovato grande sostegno nella lettura di questo volume”, ha aggiunto monsignor Cupich, “perché ho imparato dall’esperienza di un altro vescovo diocesano, che oggi è al servizio della Chiesa universale”.

Quando prepara un’omelia, racconta Francesco nell’intervista, inizia il giorno prima, leggendo i testi biblici. “Poi faccio quel che dice Sant’Ignazio: ci dormo su. E, quando mi sveglio, viene l’ispirazione. Parlare senza fogli non significa non prepararsi, tutt’altro”. “Leggere Dostoevskij, leggere libri e poesie aiuta molto”.

L’impronta ignaziana, il discernimento che nasce dall’ascolto e dal silenzio in questi testi del “primo e forse ultimo papa gesuita”, è stata sottolineata dal Generale, padre Sosa, che si è soffermato sui passaggi in cui il Papa parla del popolo (“contro il populismo”); ritorna sul Concilio Vaticano II e ribadisce l’importanza della riforma liturgica e la scelta di definire la Chiesa popolo di Dio: “La storia è costruita dal processo che passa attraverso le generazioni, l’identità che crea legami sociali e culturali. Senza questo processo non c’è nazione né Chiesa”.

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