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Roma. Assemblea Magis: le radici e l’armonia tra diversi

Il 20 e 21 giugno si è tenuta a Roma l’assemblea del Magis che, prima di fare un bilancio delle proprie attività, ha voluto soffermarsi sulle radici più profonde del suo agire. Al momento sono trenta i progetti di cooperazione in Africa, America Latina e Asia. Unitamente al sostegno dell’azione dei missionari gesuiti italiani il Magis interviene con progetti di cooperazione allo sviluppo delle Chiese locali

«Il dialogo è un pellegrinaggio alle sorgenti della propria fede e della fede dell’altro (…) Ma soprattutto è un elemento fondamentale della missione della Chiesa nel mondo contemporaneo». Un’apertura all’alterità che è complessa, ma senza la quale è difficile (se non impossibile) concepire la fede cristiana e l’azione dei credenti. Le parole di Ambrogio Bongiovanni, docente di Missiologia alla Pontificia università Urbaniana, hanno definito il senso dell’agire della Fondazione Magis. Hanno indicato la strada che è necessario percorrere per un’organizzazione che si pone come priorità il sostegno ai missionari e alle giovani Chiese del Sud del mondo.

È con questa riflessione che ha preso il via l’assemblea del Magis tenutasi il 20 e il 21 giugno a Roma. Un’assemblea che, prima di fare un bilancio delle proprie attività, ha voluto soffermarsi sulle radici più profonde del suo agire e, scavando, ha ritrovato nel Vangelo il motore che aziona ogni suo progetto. «Che cosa ha significato per Gesù uscire dal mondo dei suoi e incontrare il mondo degli altri, quelli più scomodi e problematici? – si è chiesto Bongiovanni, che è anche membro del consiglio di amministrazione del Magis – Gesù non abbandona la sua posizione, ma si pone in una situazione di frontiera. E il dialogo è un porsi in una situazione di frontiera, senza mettere muri. È un rischio? Certo che lo è».

Ma è un rischio che suor Carol, i monaci e le monache del monastero di Deir Mar Musa (Siria) hanno accettato di correre. «L’esperienza di Mar Musa – ha detto davanti all’assemblea del Magis – mi ha cambiato e mi ha fatto passare dall’ignoranza alla conoscenza e dal rifiuto all’amore dell’altro. Come? Semplicemente attraverso la vita quotidiana con persone di tutte le esperienze, nel ritmo della preghiera, del lavoro manuale e dell’ospitalità, nella volontà di costruire l’armonia islamocristiana e, in senso più ampio, l’armonia tra diversi». Un’azione che sta proseguendo, pur se in forme diverse, anche in un contesto di guerra e di odio etnico e religioso come quello siriano e iracheno. «Come il seminatore del Vangelo – ha concluso il suo intervento -, stiamo gettando semi su terreni pieni di sassi e di erbacce, semi di solidarietà concreta con le persone di tutte le appartenenze e di tutti gli schieramenti grazie ai doni che riceviamo dall’estero (tra i quali quelli del Magis, ndr): aiutiamo nella ricostruzione delle case distrutte, assistiamo le donne i cui mariti sono morti, prigionieri, rapiti o scappati; comperiamo le medicine per le persone ammalate, ferite, disabili; sosteniamo le famiglie nel pagare gli affitti e il cibo; aiutiamo i giovani a studiare all’università, ecc.».

Ed è di un intervento sul campo che ha parlato anche fratel Elias dell’Hakimani Center di Nairobi (Kenya). Un progetto, quello che sta portando avanti grazie anche al sostegno del Magis, che lui stesso ha definito di «spiritualità del dialogo a livello pratico». L’obiettivo è combattere da un lato la disoccupazione dilagante, causa di povertà, e, dall’altro, lottare contro la diffusione di estremismi violenti. «L’azione che stiamo portando avanti – ha osservato fratel Elias – cerca di stimolare le giovani generazioni a pensare positivo e a perseguire sempre la perfezione in senso filosofico. Per questo abbiamo lavorato con i ragazzi aiutandoli a credere in se stessi e nella loro creatività. Ognuno di essi ha realizzato un proprio progetto che potrebbe, in futuro, generare reddito e, perché no?, occupazione. Queste leve ci hanno permesso di aiutarli a pensare in modo intraprendente, una caratteristica fondamentale per la crescita del loro Paese, e a lavorare insieme al di là delle differenze».

Questi interventi si situano in un contesto internazionale complesso, come ha detto Luciano Larivera, gesuita, scrittore de «La Civiltà Cattolica». Ed è in questo contesto che vanno ripensati gli obiettivi del millennio (scaduti quest’anno e in fase di rielaborazione), guardando sì alle necessità dei Paesi del Sud del mondo, ma anche a quelle di molte nazioni sviluppate in cui il nostro modello di sviluppo continua a creare scarti produttivi (inquinamento) ed emarginazione.

L’assemblea è stata anche l’occasione per fare il punto sulle attività del Magis. La Fondazione, che attualmente sta portando avanti trenta progetti di cooperazione in Africa, America Latina e Asia, è in fase di sviluppo organizzativo. Unitamente al sostegno dell’azione dei missionari gesuiti italiani, il Magis interviene con progetti di cooperazione allo sviluppo nati dalle esigenze e dalla conoscenza del territorio delle Chiese locali. «I missionari italiani – hanno spiegato Nicola Gay, gesuita e Presidente del Magis, e Renato Colizzi, anch’egli gesuita e membro del consiglio di amministrazione della Fondazione – hanno svolto e svolgono ancora un’azione importante nei Paesi in via di sviluppo. Va però detto che proprio in quei Paesi le Chiese locali si stanno rivelando capaci di farsi interpreti della realtà in cui operano ed è quindi giusto stringere un rapporto sempre più stretto con loro». Un rapporto, anche questo, giocato sulle nuove frontiere.

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