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MEG. Un programma impegnativo, fare il possibile…per compiere l’impossibile

Nel corso dell’anno sociale 2013-14 il Movimento Eucaristico Giovanile affronterà un tema che, di fatto, è in straordinaria continuità con il discorso su fede e discernimento che è stato trattato lo scorso anno. Si parlerà, infatti, di Missione e Vocazione.
Il termine “missione” deriva da una parola latina che significa ‘inviare’. In particolare, per un cristiano il significato di ‘missione’ indica l’essere inviati per portare la “Buona Notizia” di Gesù. Per questo, è facile capire che non ci sono luoghi specifici, né modi particolari per farlo. Il “luogo” è qualunque parte del mondo in cui ci si trovi; il modo è quello che ciascuno saprà trovare, a secondo delle sue inclinazioni e del contesto in cui opera. Il Battesimo ci abilita ad essere missionari nel modo in cui viviamo ogni giorno. Tutti siamo chiamati (=vocati!) ad essere persone che si impegnano a rendere più visibile il Regno di Dio nel mondo.
Nel primo numero del sussidio “MEG Responsabili” (che si può scaricare dal sito www.meg-italia.it) è riportata integralmente la relazione che Padre Stefano Titta nel novembre del 2012, a partire dal testo del vangelo di Luca 5,1-11, ha tenuto ai membri del Consiglio Nazionale MEG. Essa è la base da cui partire per conoscere e approfondire i temi che saranno trattati nei mesi successivi. La sua lettura, in particolare per coloro che hanno il ruolo di Responsabili di gruppi e di comunità, costituisce un ottimo modo per sintonizzarsi con la Parola di Dio che, se sempre ha molto da dire a ciascuno sulla propria vita, in questo caso specifico, contiene delle indicazioni e delle suggestioni molto belle rispetto al tema della “chiamata” e al servizio nella Chiesa. Di seguito ne riportiamo un piccolo stralcio che ci dice in particolare quale sia la pedagogia della chiamata di Gesù, la sua maniera di entrare nella vita di ciascun uomo per invitarlo a collaborare con Lui:
“In questo episodio Gesù vede due barche e i pescatori fuori della barca che lavano le reti senza avere pesce accanto a sé. Non è molto difficile capire che la notte non ha dato frutti. Possiamo immaginare che, guardando la barca vuota, Gesù guardi anche Pietro e si accorga che è vuoto dentro. Pietro sarà stato molto frustrato, scontento, deluso dalla notte; il pescatore che non pesca è in crisi di identità, si chiede: ma io adesso che faccio? come mi presento a casa oggi che non ho preso niente? cosa mangeremo? che padre di famiglia sono che non sono capace di provvedere ai miei? E più profondamente: come posso essere me stesso se ciò in cui ho messo la mia identità non si realizza? Allo stesso modo lavare le reti non è un semplice gesto della vita quotidiana, ma esprime questo senso di sconforto. Gesù riesce quindi a vedere uno che sta attraversando una fase critica della sua vita e se ne sta domandando il senso. È a questo punto che Gesù va dentro la barca: i pescatori erano fuori dalla barca, lui va dentro. Compie cioè il movimento contrario: Pietro si sta allontanando da se stesso, oppresso dai giudizi negativi che dà di sé; Gesù sale sulla barca, proprio su quella barca lì. Ci sono infatti due barche, dice Luca, ma Gesù ne deve scegliere una. Capiamo qui qualcosa della logica dell’incarnazione: Gesù ha scelto di essere presente in una situazione particolare dalla quale però può parlare a tutti. E capiamo anche qualcosa della pedagogia di Gesù. Salendo sulla barca Gesù non rivolge a Pietro un facile discorsetto consolatorio (“Vedrai, Pietro, prima o poi una soluzione la trovi!”), né gli si mostra come la soluzione (“Pietro dai, su, non ti preoccupare, ora sono arrivato io, vedrai che le cose andranno meglio!”). Al contrario Gesù chiede a Pietro una collaborazione, che è un piccolissimo passo diverso da quello che sta facendo nella sua condizione di vita: lui si sta allontanando dalla barca e nutre pensieri negativi su quanto è successo sulla barca; Gesù gli chiede un piccolo passo contrario, gli chiede di girarsi dall’altra parte. È l’inizio di una conversione. Possiamo provare ad immaginare la scena: Pietro forse, lavando le reti, dà le spalle alla barca e non si accorge che Gesù vi è salito sopra; Gesù lo chiama e Pietro è costretto a risalire accanto a Lui e a scostarsi da terra. Ecco la pedagogia di Gesù: chiedere un piccolo spostamento possibile a partire dalla propria situazione, un passo che può essere fatto. Sappiamo che i tanti passi possibili chiesti all’apostolo lo porteranno a compiere gesti impossibili. Possiamo però concludere che il Signore chiede il possibile; poi lui ci mette l’impossibile”.

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