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Milano. Un premio per “trafficare” l’eredità di padre Carlo Maria Martini

Il 21 maggio sono stati consegnati i premi “Carlo Maria Martini International Award”. Di seguito la cronaca sul portale della Chiesa ambrosiana. Il cardinale Scola ha sottolineato i meriti ecclesiali e civili della Fondazione che ha promosso la seconda edizione del riconoscimento

«Un momento importante che raccoglie il frutto del lavoro fatto e che faremo, continuando a rendere vivente la figura del cardinale Martini».

Questo, nelle parole del presidente, padre Carlo Casalone, il senso complessivo delle molte iniziative che la Fondazione, appunto, intitolata al cardinale Carlo Maria Martini e nata per volere della Provincia d’Italia della Compagnia di Gesù in collaborazione dell’Arcidiocesi di Milano, sta portando avanti con crescente impegno e successo.

È in questo contesto si situano, come particolarmente significativi, l’Archivio digitale dei documenti “di” e “su” Martini, ormai impostato nella sua architettura (verrà completato entro il 2019) con documenti che verranno resi disponibili sul sito in via di riorganizzazione, il grande progetto della pubblicazione cartacea dell’Opera Omnia del Cardinale, avviata con l’editrice Bompiani, per cui si prevede la pubblicazione di 18-20 volumi, le Borse di Studio, i Seminari di ricerca, e, in primo piano, il Martini International Award. Premio che, istituito il 15 febbraio 2013 e giunto alla seconda edizione, viene conferito dal cardinale Scola durante la cerimonia che si svolge nel Salone della Curia arcivescovile.

«Il Premio significa per noi tutti, un’esperienza di maturazione, perché leggendo i lavori presentati si nota come gli spunti offerti dal cardinal Martini sulla fede abbiano una capacità generativa di produrre percorsi nuovi, non immediatamente contenuti in quanto lui egli disse a suo tempo. Quindi, nuove vie e progetti si aprono: questo è il valore di ciò che facciamo e il nostro auspicio. Vorremmo ripubblicare in modo ordinato e contestualizzato le sue opere per collegare le sue parole al momento storico in cui sono state pronunciate o pubblicate. Questo ha a che fare con la profezia. Il prossimo volume apparirà intorno al 31 agosto (data della morte di Marini) e riguarderà gli Esercizi spirituali tenuti sui Vangeli», spiega Casalone che annuncia anche, per la fine dell’estate la probabile messa in onda di un documentario su Rai storia, per la serie degli italiani illustri del Novecento, dedicato al Cardinale.

Presenti alcune autorità, come il console generale dell’Uruguay (i premiati per la terza sezione sono uruguagi) è, allora, il presidente della giuria, monsignor Pierangelo Sequeri, a definire il profilo, «meritoriamente non accademico», del riconoscimento per cui, con un bando biennale, per la prima volta, sono stati premiati lavori inediti in più lingue.

«Vogliamo avere il più vivo, affettuoso e originale gesto di traffico dell’eredita di Martini. Non custodiamo unicamente un ricordo, ma apprezziamo il traffico dei talenti».

Insomma, un onorare la memoria che significa primariamente «non trasformarla in un monumento, ma in qualcosa di dinamico, in una scintilla e in uno spunto». Espressioni, queste ultime due, care a colui che fu sulla Cattedra di Ambrogio e Carlo dal 1980 al 2002. E così, per i vincitori di ognuna delle tre sezioni in cui è articolato il Premio, vengono proposti altrettanti brevi spezzoni della predicazione dell’allora Arcivescovo, ai chierichetti, ai carcerati (nella sua storica prima visita pastorale a San Vittore del novembre 1981, significativamente compiuta nella festa del patrono, san Carlo Borromeo), ai giovani in Duomo durante al scuola della Parola dedicata nel 1988 al Vangelo di Marco. Infatti, l’Award va, rispettivamente, per la sezione centrata sullo studio del pensiero e della figura del cardinal Martini, a un romanzo per i piccoli, “Carletto contatore di stelle” dell’insegnante di scuola primaria, Francesca Mercurio, presentato dalla giornalista Vittoria Prisciandaro; a “L’insufficienza della pena. Verso un ripensamento in prospettiva ripartiva”, di padre Nicola Carlo Bordogna (il primo gesuita premiato dall’iniziativa), saggio presentato dal biblista don Roberto Vignolo per la sezione di approfondimento del rapporto tra Bibbia e cultura nel mondo di oggi e, infine, per la terza, dedicata a esperienze e progetti pastorali ispirati allo stile di Martini, a “Discipulado catecumenal de Adultos (DcA). Un itinerario inspirado en el pensamiento y la obra del Card. Carlo María Martini, di Gonzalo Abadie Vicens e Guillermo Buzzo Sarlo, i cui contenuti vengono illustrati dal vicario episcopale monsignor Luca Bressan.

Opere diversissime tra loro, ma tutte accomunate dall’esempio martiniano del discernimento, del esemplarità evangelica, di un dialogo sempre possibile. Basti citare la conclusione del lavoro di Bordogna per il quale «occorre pensare alla giustizia ridimensionando in maniera netta e inequivocabile l’immagine dei due piatti della bilancia che devono essere in qualche modo compensati, ma piuttosto richiamandosi a un nodo tra vittima, colpevole e comunità che si è sfilato, a un legame che, è stato violato e che chiede di essere, appunto, riunito».

Assai significativo, nelle parole di Bressan, anche il riconoscimento del valore attribuito all’Istituto del Catecumenato, «partendo dall’intuizione del cardinale Martini di ascoltare insieme la Parola di Dio come strumento di discernimento, nella logica performativa della crescita personale, comunitaria ed ecclesiale».

Infine, prima del momento della consegna del Premio, arriva la gratitudine espressa alla Fondazione dal cardinale Scola a nome suo personale e dell’intera Diocesi. «La poliedricità della figura del cardinal Martini può rappresentare, ancora di più in questo cambiamento di epoca, un’occasione per la nostra metropoli e realtà diocesana – pur non limitandosi ai loro confini – quale coagulo di quel principio di comunione che è la pluriformità nell’unità». Ossia, la possibilità «di un paragone e di confronto basati sulla ragione anche all’interno delle varie correnti del mondo laico che abitano esse stesse la nostra società plurale». È, infatti, a fronte della sfida di una modernità dalle tante e diverse visioni del mondo, che occorre «un soggetto attivo che stimoli un percorso – come intende fare la Fondazione con grandi meriti ecclesiali e civili –, allontanando il rischio di una musealizzazione che, certo, non sarebbe piaciuta al Cardinale. Abbiamo bisogno di costruire il nuovo e vita buona».

Annamaria Braccini

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